La vicenda del parroco di Pistoia e il ruolo dei social network
mercoledì 30 agosto 2017
Classifico come "notizie religiose" tutte quelle nelle quali l'elemento religioso è abbastanza forte da emergere fino alla titolazione. In questo senso don Massimo Biancalani, il parroco di Pistoia attivo e militante nell'accoglienza di migranti e profughi, è certamente tra i protagonisti dell'informazione religiosa dell'ultima settimana. Di lui, in Rete e sulla carta stampata, abbiamo potuto leggere tanto, dal suo post sui "migranti portati in piscina" fino alla messa di domenica nella sua parrocchia, con l'annunciata presenza di militanti di Forza Nuova e il vicario generale a concelebrare. Questo stesso giornale ha ben seguito e commentato passo passo l'intera vicenda.
Certo, la storia non avrebbe avuto l'evoluzione e tantomeno il risalto che ha avuto – o forse non sarebbe neppure esistita – se non ci fossero stati i social network. È sul profilo Facebook di don Biancalani, infatti, che, da ben prima del post del 17 agosto sui "migranti portati in piscina" e definiti "la mia patria", montano attacchi e insulti al sacerdote per le sue attività a favore dei migranti, complice certamente anche il clima della campagna elettorale per il sindaco che, a Pistoia, si è conclusa a fine giugno. È su Twitter e Facebook che quel post viene ripreso e commentato, il 20 agosto, dal segretario della Lega Nord Matteo Salvini, promuovendo automaticamente la vicenda presso l'opinione pubblica nazionale.
Si può immaginare che, senza i social network, né il suo operare né le reazioni violente che ha suscitato sarebbero andati oltre i danni alle biciclette dei ragazzi che egli ospita, e quindi del caso si sarebbe occupata solo la cronaca locale. Il brutto, rispetto al ruolo dei social, è che difficilmente don Biancalani avrebbe sperimentato una violenza così aspra, per quanto digitale. Il bello è che altrettanto difficilmente avrebbe ricevuto una solidarietà così diffusa.
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