La speculazione attacca il mais
sabato 20 agosto 2011
Mentre la finanza internazionale corre sull'ottovolante, le quotazioni delle materie prime agricole non smettono di salire polverizzando i loro massimi storici. È l'effetto delle speculazioni senza limiti che invadono i mercati internazionali e che toccano - già da tempo - anche le materie prime agricole e alimentari.
Ed è il caso del
mais che negli ultimi giorni - alla Borsa cerci di Chicago, la più importante al mondo -, ha sfiorato un altro massimo storico per poi chiudere a 7,14 dollari per bushel (19 centesimi di euro al chilo), un valore praticamente doppio rispetto a quello dello scorso anno. Ma in aumento sono risultati anche il grano e la soia: le altre due materie prime più importanti non solo per l'agricoltura ma anche per l'alimentazione.
Dall'inizio dell'anno - spiega la Coldiretti che ha condotto un'analisi in proposito -, la corsa dei prezzi del mais è stata ininterrotta, mentre a livello internazionale praticamente tutti i titoli finanziari e industriali iniziavano a subire i contraccolpi delle incertezze sui mercati. Alla base di tutto c'è ovviamente una spiegazione economica ben precisa. «L'andamento delle quotazioni dei prodotti agricoli – dice ancora l'organizzazione dei coltivatori – è infatti sempre più fortemente condizionato dai movimenti di capitale che si spostano con facilità dai mercati finanziari a quelli dei metalli preziosi come l'oro, fino alle materie prime come il mais. Un prodotto che rappresenta una importante fonte per l'alimentazione degli animali negli allevamenti dove per effetto dell'aumento delle quotazioni sono schizzati alle stelle i costi di produzione di carne e latte nelle stalle». E non basta, perché sempre secondo i coltivatori «la speculazione sulle materie prime agricole agisce amplificando gli effetti dell'accresciuta domanda di carne da paesi emergenti come la Cina e di biocarburanti come il bioetanolo ottenuto dal mais nei Paesi più sviluppati come gli Stati Uniti». Aver a che fare con il mais, insomma, significa dover fare i conti con un prodotto pregiato al pari dell'oro.
Il risultato di tutto ciò si riflette anche in Italia, dove il costo dei mangimi è aumentato del 18% rispetto allo scorso anno. E non basta, perché l'andamento al rialzo delle quotazioni influenza anche l'andamento delle produzioni, per le quali in Italia l'Istat stima al momento un aumento del 6% delle superfici coltivate, anche se le previsioni dovranno essere confermate a fine settembre. Da quanto si sa adesso, tuttavia, le prime stime indicano un calo di superfici e raccolto per il grano e l'avanzata dell'orzo. Nel settore delle oleoginose si prevede invece un incremento consistente nel comparto della soia (+70mila ettari e 850mila tonnellate attese). Dovrebbe, invece, diminuire il raccolto di girasole.

Rimane in ogni caso il dato di fondo: nella guerra finanziaria in corso su tutti i mercati, ci finiscono ormai pienamente anche le materie prime più importanti per la nostra agricoltura.
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