La Palla di lardo dice: scudetto a un allenatore toscano
sabato 13 agosto 2022
«Ricominciamo», canta un roco e nostalgico Adriano Pappalardo. Già ricominciamo con la giostra del gol, speriamo tanti, della nostra cara, povera, ma comunque pur sempre dignitosa Serie A. Alla vigilia di ogni campionato noi "senzaMura" puntualmente rievochiamo la sua vaticinante "Palla di lardo", la sfera grassa come porceddu sardo, in cui mastro Gianni leggeva il destino della stagione calcistica che stava per cominciare. Senza il Chievo, finito negli inferi del dilettantismo, forse Mura si sarebbe appassionato alla rediviva Cremonese del signore dell'acciaio, Arvedi. Magari un po' distante dallo spirito del patron pane e salame, Luzzara da Cremona, ma comunque espressione di quella provincia sana e competitiva che ritroviamo anche nell'Empoli di patron Corsi. Di sicuro Mura avrebbe storto un po' il naso su questo Monza grandi firme messo in piedi alla velocità delle luci di Mediaset dalla premiata ditta telepallonara Berlusconi-Galliani. Il club brianzolo arriva in A per la prima volta nella sua storia secolare ma già proclama un piazzamento in Europa. «Ma l'America è lontana, dall'altra parte della luna», cantava Lucio Dalla, tifosissimo del Bologna del tenace Sinisa Mihajlovic chiamato a salvare prima se stesso dagli attacchi della malattia che non gli dà tregua e poi i rossoblù dello zio d'America Joe Saputo. Gli americani di Roma, i Friedkin, hanno consegnato un paio di gioielli a mister tituli Mourinho e l'accoglienza della torcida giallorossa all'argentino Dybala, transfugo juventino, è il manifesto di questo calciomercato estivo all'insegna delle vecchie chimere e dei cavalli di ritorno: per tutti, Lukaku all'Inter e Pogba (già fermo ai box) alla Juventus. Sulla Lazio mi concedo una fetta di Palla di lardo: se il presidente "Lotirchio", così chiamano affettuosamente Lotito i tifosi laziali, rinuncerà alla cascata di milioni derivante dalle ipotetiche cessioni di Luis Alberto e Milinkovic-Savic, allora quest'anno lo scrivano Sarri sul suo taccuino potrebbe annotare risultati reali e vincenti, al posto dei virtuali e poco convincenti "32 modi di battere un calcio d'angolo" sperimentati nel laboratorio di Empoli. A Empoli è cominciata anche la lunga rincorsa al successo di Luciano Spalletti da Certaldo. Lo stilnovista delle panchine si gioca l'ultima chance tricolore con un Napoli che ha tutto per strappare lo scudetto dalle maglie del Milan di Pioli e per sprintare a «corto muso» davanti alla Juve del conte Max Allegri e l'Inter del nevrotico Simone Inzaghi. Ho ritrovato una vecchia intervista (Repubblica, aprile '97) di Mura all'allora Luciano da Empoli, che parlava di uno Spalletti contadino tra ulivi e vigneti di Chianti, frequentatore della casa del Popolo di Sovigliana e che poetando, alla maniera del concittadino Boccaccio, chiosava: «La cosa più bella del mondo è il silenzio delle colline toscane». Prendere nota, da lassù, la Palla di lardo ha sentenziato: «Lo scudetto 2022-2023 lo vincerà un allenatore toscano».
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