La Palestra: virtù e sudore dei gesti
mercoledì 20 marzo 2019
Nel 1892, quasi clandestinamente, Edmondo De Amicis pubblicava "Amore e Ginnastica", romanzo anti-retorico che racconta dell'amore poco corrisposto del segretario Celzani, patriota, liberale, ex-seminarista, per la maestra Pedani, florida signorina tutta presa dalla diffusione fra i ragazzi della ginnastica. Per De Amicis la ginnastica è una scienza capace di rigenerare il mondo o, quanto meno, strumento di sviluppo di quell'Italia appena nata, tutta orientata ai pensieri di unità e nuova identità. Corpi forti e agili, forgiati dalla fatica del duro esercizio in palestra, gli sembrano necessari per il futuro della giovane nazione.
Il tutt'altro che prestante Celzani, che si affanna e massacra di allenamenti per compiacere la signorina Pedani, è simbolo di quell'Italia che ancora fa fatica ad allontanarsi da un vecchio atteggiamento borghese. Più per infatuazione che per convinzione, Celzani vuol far colpo sulla giovane che, invece, non pensa ad altro che al proprio lavoro, ritenendolo fondamentale per la Patria. La storia, non a caso, si svolge a Torino, città decisiva nel processo di unità, in un luogo che De Amicis chiama semplicemente "La Palestra" e che era talmente nota da non aver bisogno di ulteriori dettagli. "La Palestra" era quella di proprietà della Società Ginnastica Torino, la più antica d'Italia, fondata il 17 marzo 1844, esattamente 175 anni fa, 48 anni prima di quel romanzo e ancora, 17 anni prima del 17 marzo 1861, giorno dell'unità d'Italia. Fondata dal ginnasta svizzero Rodolfo Obermann, chiamato nell'allora Regno di Sardegna da Carlo Alberto di Savoia per insegnare ginnastica agli allievi dell'Accademia Militare, la Società Ginnastica Torino si fece promotrice, attraverso il ministro Lanza (socio effettivo del sodalizio) della proposta in Parlamento di una legge per rendere obbligatoria la pratica ginnica nelle scuole. Ci vollero oltre vent'anni per arrivare all'approvazione, nel luglio del 1878, grazie al ministro Francesco De Sanctis, guarda un po', socio anche lui!
Si iniziò con la ginnastica, appunto, poi il calcio. La Società partecipò, l'8 maggio 1898, al primo campionato di calcio italiano, disputatosi in data unica proprio nella città sabauda. Il futuro presidente della Repubblica Luigi Einaudi, il 15 febbraio 1914, firmò di proprio pugno la richiesta di ammissione alla Società Ginnastica Torino e «non fruendo personalmente delle esercitazioni invierà a parteciparvi suo figlio Mario e, colla quota di Lire 12, anche il figlio Roberto». Nel 1933 il sodalizio torinese ottenne il titolo di "Reale", voluto da Vittorio Emanuele III.
La Reale Società Ginnastica Torino proseguì con successo la sua attività, occupandosi di pallacanestro, rugby e poi judo, arti marziali e tantissimi altri sport, fino ai giorni nostri dove, nella storica sede di Via Magenta, ospita la scuola internazionale di circo "Flic".
Tutto ciò sempre nel rispetto del suo motto: «Je atans mo anstre» che in francese arcaico significa "Io tendo alla mia stella", una specie di atto di fiducia nel proprio destino legato all'idea di promuovere lo sport come strumento di progresso e di emancipazione (la Società fu in primissima linea, fin dagli esordi e incredibilmente per i tempi, per la diffusione dell'esercizio e della pratica sportiva femminile) e lottando per il fatto che lo sport ottenesse la stessa dignità delle altre materie previste nei programmi scolastici ministeriali.
175 anni sono un bel compleanno, celebrato domenica scorsa in quella stessa Palestra descritta da De Amicis, ancora lì più viva che mai. «Sulla via della virtù, gli dei hanno posto il sudore», scriveva Esiodo e quel luogo che ne ha visto scorrere migliaia di ettolitri, è una specie di centrale idroelettrica che alimenta senza sosta, da metà Ottocento, la ricerca, la capacità e l'importanza del saper fare bene un gesto.
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