Il 4 marzo, nell’udienza pubblica del processo che la vede imputata per aver schiaffeggiato il capo della polizia della sua città, Batumi, Mzia Amaglobeli, scortata da cinque guardie di sicurezza, si è dichiarata innocente e si è definita prigioniera di coscienza. A rappresentare l’Europa libera in aula c’erano diversi diplomatici; fuori dal tribunale decine di rappresentanti di movimenti di difesa dei diritti umani e associazioni per la stampa libera protestavano per l’ingiusto trattamento. La georgiana Mzia, 50 anni, fondatrice di due testate indipendenti online – Batumelebi e Netgazeti – è in carcere da due mesi esatti e ancora ci resterà, perché il giudice ha stabilito che, se liberata, potrebbe colpire ancora, fuggire o distruggere le prove.
Tutto è accaduto l’11 gennaio, quando Mzia è stata arrestata due volte. La prima per aver attaccato all’entrata di una stazione di polizia di Batumi, la seconda città della Georgia, un volantino che annunciava per l’indomani una manifestazione di protesta contro il regime di Tbilisi. Rilasciata poche ore dopo, la reporter si è trovata nel mezzo di un presidio che la attendeva all’uscita e lì è iniziato un battibecco con il capo della polizia cittadina, Irakli Dgebuadze. Non deve essere stata una conversazione pacifica, tanto che la donna è finita di nuovo in carcere con un’accusa che le potrebbe valere una condanna fino a 6 anni. Un video però dimostra che lo schiaffo di Mzia è stato puramente simbolico e non certo un crimine, mentre la giornalista ha accusato il poliziotto di averla maltrattata in carcere, sputandole in faccia e negandole l’accesso alla toilette.

Mzia Amaglobeli - .
Mzia Amaglobeli a soli 25 anni, nel 2001, ha fondato un giornale indipendente. Il suo lavoro ha colpito i nervi scoperti di un governo autoritario, salito al potere dopo le contestate elezioni di ottobre che hanno visto affermarsi il partito filorusso Sogno georgiano e che subito dopo, nel mese di novembre, ha sospeso fino al 2028 i negoziati per l’ingresso nell’Unione Europea. La giornalista aveva documentato le retate di centinaia di dimostranti e gli arresti e le violenze contro decine di suoi colleghi, operatori dell’informazione. «Le accuse contro di me sono il risultato di azioni repressive, infide e violente volte a reprimere le persone, la libertà di parola e di espressione», ha scritto Mzia in una lettera dal carcere datata 20 gennaio e diffusa attraverso i suoi legali.
Il suo sito batumelebi.netazeti.ge continua, giorno dopo giorno, a pubblicare informazioni sulla situazione giudiziaria di Mzia, reclusa nel carcere femminile di Rustavi. Da metà gennaio la giornalista ha iniziato uno sciopero della fame, che l’ha portata a una grave debilitazione e a un paio di soggiorni in clinica e ha gettato nello sconforto familiari, amici e sostenitori. Dopo 38 giorni, il 18 febbraio Mzia ha interrotto la sua protesta estrema.
Capelli scuri corti, stretti in un codino dietro alla nuca, poche concessioni alla frivolezza, Mzia ama andare all’essenziale. Nella lettera diffusa in tribunale la reporter ha scritto: «Mi considero detenuta illegalmente. La dittatura non è riuscita a prendere piede nella nostra patria. Pertanto, credo che io e altri prigionieri di coscienza saremo in grado di dimostrare la nostra innocenza». L’ambasciatore dell’Ue in Georgia Pawel Herczynski ha parlato di Mzia come di un «simbolo di giornalismo coraggioso e della lotta senza quartiere per la giustizia. Incarna lo spirito di tutte le persone ingiustamente detenute. Siamo tutti estremamente preoccupati per la sua salute e vi assicuro che continueremo a chiedere il suo rilascio immediato».
Allo stesso scopo stanno lavorando organismi per la libertà d’informazione come l’International Press Institute (Ipi) e l’associazione di scrittori Pen International e per la difesa dei diritti umani come Amnesty International. Mentre Mzia è in carcere, ogni sera in tutte le città della Georgia si assiste a manifestazioni di protesta contro un potere dispotico e repressivo. Mzia non è sola.