La famiglia narrata sui social: mettersi in gioco, non in piazza
mercoledì 14 giugno 2023
Una conversazione con Gigi De Palo su “Parlare di famiglia sui social media” è il contenuto del quarto podcast della serie “In ascolto” (bit.ly/3q8QJLO), dove si intende narrare «la storia del web cattolico attraverso le tante storie di chi ha portato il Vangelo nella Rete». Realizzata per l’associazione WeCa (web cattolici) da Andrea Canton, ho avuto l’onore di inaugurarla il 1° maggio scambiando opinioni sui cattolici digitali che conosco grazie a questa rubrica; ha proseguito a cadenza quindicinale incontrando suor Naike Monique Borgo su “Testimonianza e autenticità” e don Davide Tononi su “Social media e pastorale durante la pandemia”. Le domande di Canton a Gigi De Palo (bit.ly/3JcdPHY) ruotano intorno alla qualifica di «influencer della famiglia» che egli attribuisce all’attuale presidente della Fondazione per la natalità, il quale infatti precisa subito: «Se la racconto la famiglia si impone da sé, per la sua bellezza intrinseca». Le risposte a loro volta insistono soprattutto sul valore di una narrazione digitale che non sia fine a se stessa ma indirizzata alla testimonianza. «Non si deve avere paura di “darsi in pasto” e dire con calore ciò in cui si crede», anche se si ricoprono responsabilità a livello associativo, dice De Palo. Poi fa l’esempio della chiarezza comunicativa convintamente propostagli dalla moglie Anna Chiara Gambini quando è nato il quinto figlio Giorgio Maria. Anticipando online ogni possibile commento «rattristato» hanno scritto: «Ha la sindrome di Down, noi siamo felicissimi, pregate per noi»; hanno rotto uno schema e, quel che più conta, sono riusciti a orientare positivamente altre famiglie che vivono la stessa avventura, cosicché «il racconto di un’intimità» è stato «finalizzato a un bene comune». De Palo non nega un certo ritardo dei cattolici quanto all’utilizzo dei dispositivi digitali: «Se Maria di Magdala avesse avuto uno smartphone, avrebbe usato per prima cosa quello per comunicare che il Signore era risorto»; invece, quando la mattina scrolliamo i nostri schermi, «esce di tutto ma non escono voci cattoliche». E conclude: «Non si tratta, come spesso si vede in Rete, di mettersi in piazza», soffermandosi su inutili dettagli della propria vita privata; ma di «mettersi in gioco, mostrando la complessità e la bellezza di quello che viviamo». © riproduzione riservata
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