“La casa di carta” mi si è incartata
martedì 7 aprile 2020
Da venerdì 3 aprile sono disponibili su Netflix (piattaforma on-line di contenuti audiovisivi a pagamento) gli otto episodi della quarta stagione della serie spagnola di grande successo La casa di carta. I nuovi episodi erano attesi con impazienza da tutti coloro che nel mondo, Italia compresa, si sono appassionati alla storia dei criminali in tuta rossa e maschera di Salvador Dalì che per proteggere l'identità si fanno chiamare con i nomi di alcune capitali o capoluoghi di regione. Dapprima, sotto la guida a distanza del fantomatico Professore, hanno messo a segno il colpo del secolo alla Zecca spagnola stampando miliardi di euro, mentre ora si trovano asserragliati all'interno della Banca di Spagna nel tentativo di portare a termine il clamoroso furto dell'oro contenuto nei forzieri. Ma le cose, come già alla fine della terza serie, non stanno andando per il meglio. Stop. Ci fermiamo qui per non rischiare il linciaggio (quantomeno verbale) da parte di chi nel fine settimana non si è divorato gli otto episodi, ma li sta centellinando. L'accusa di spoileraggio è oggi infamante. Ci limitiamo pertanto ad alcune considerazioni per dire che questa volta La casa di carta si è un po' incartata. Sarà stata la fretta di scrivere e girare la quarta serie, sarà che le idee si è affievoliscono, fatto sta che per andare avanti nella narrazione assistiamo a non poche inversioni di tendenza a partire dal Professore che perde le granitiche certezze mettendo in mostra il lato debole. Anche gli altri personaggi, che già prima erano fragili e forti al tempo stesso, stanno perdendo totalmente il controllo di loro stessi dando vita a una sorta di tutti contro tutti. Per certi versi viene meno anche quell'empatia con il pubblico che li vedeva come una sorta di moderni Robin Hood o quantomeno di criminali alla difficile ricerca della felicità. Adesso sono tutti più cattivi e insicuri. È diminuita l'azione a vantaggio dell'introspezione psicologica. Si ricorre troppo spesso ai flashback soprattutto per tenere in vita un personaggio perfido e affascinante come Berlino, che con il senno del poi si capisce che gli autori hanno fatto morire troppo presto, anche se allora sembrava la soluzione più funzionale alla storia.
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