La buona gestione del territorio
sabato 18 luglio 2009
Questione «territorio» e questione «Mezzogiorno». L'agricoltura italiana ha in sé ancora problemi di questo genere: questioni di non poco conto che, invece, vengono spesso travolte da altri temi. Eppure, è proprio sulle carenze di fondo della nostra struttura produttiva che si gioca buona parte del futuro del comparto. Anche guardando alla concorrenza internazionale sempre più accesa.
La gestione del territorio, inteso come insieme di situazioni fisiche e strutturali che permettono la produzione agricola ma anche altri insediamenti produttivi oltre che civili, vive da tempo una lunga stagione di incertezza e instabilità periodicamente messa in luce dai Consorzi di bonifica e irrigazione la cui esistenza, fra l'altro, proprio in questo periodo sembra essere in forse. Ma, basta poco per capire l'importanza della corretta tutela del territorio agricolo e rurale (di fatto tutta la superficie non interessata dai grandi agglomerati urbani). Secondo l'Associazione dei Consorzi (Anbi), il 68,8% dei comuni è classificato ad alto rischio di frane ed alluvioni e l'84% della produzione agricola dipende dalla disponibilità d'acqua; senza tenere conto che, solo nel Nord, ogni giorno vengono "cementificati" circa 20 ettari di terreno. Sull'equilibrio fra urbanizzazione e ruralità, fra industria (anch'essa consumatrice d'acqua) e agricoltura si è costruita buona parte della storia economica nazionale. É quindi comprensibile e giusto lo scatto d'orgoglio dei Consorzi di bonifica, che gestiscono qualcosa come 200mila chilometri di canali applicando il principio della sussidiarietà, di fronte alla possibilità di veder ridotte o cancellate le loro competenze, anche se probabilmente sarà necessario pensare a ristrutturazioni e razionalizzazioni pure in questo settore.
Ciò che conta di più, però, è l'importanza della buona gestione del territorio, e dei fondi necessari, che i Consorzi ad ogni occasione ribadiscono. Si tratta di opere e investimenti che valgono per tutti e per tutte le aree. Anche per il Mezzogiorno che, come si è detto, continua a rappresentare una delle altre «questioni» dell'agricoltura italiana. Stando all'ultimo Rapporto Svimez, gli investimenti in agricoltura nel Sud nel periodo 2001-2008 si sono ridotti del 6%, mentre nel resto del Paese sono aumentati di circa il 15%; l'occupazione agricola è diminuita di quasi il doppio rispetto al Centro-Nord (-2,8% a fronte di -1,5%) e, nel 2008, il valore del prodotto per unità di lavoro è risultato del 26% inferiore a quello del Centro-Nord. Anche in questo caso, situazioni strutturali critiche e fattori congiunturali giocano insieme per affondare un comparto che, proprio in quelle aree, potrebbe avere prospettive di tutto rispetto. É per questo che, come ormai chiedono alcuni attori del sistema come Confagricoltura, sarebbe opportuno riaprire quella «questione meridionale» che tanto ha occupato la politica economica agricola qualche decennio fa. Insieme, ovviamente, alla «questione territorio» che è spesso dimenticata.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: