Interessati all'anello di Pilato anche se non siamo sotto Pasqua
mercoledì 5 dicembre 2018

Per tutti la fonte è stato il quotidiano israeliano “Haaretz”, rilanciato dall’Ansa, ma nella blogosfera ecclesiale italiana il primo a dare la notizia è stato “L’Osservatore romano”: quando l’aggregatore “Il Sismografo” ne ha rilanciato in Rete il breve pezzo su «l’anello di Ponzio Pilato» ( tinyurl.com/yc2fwsr7 ) erano le 17 circa del 29 novembre, mentre il giorno dopo il quotidiano della Santa Sede vi è ritornato con ampiezza, mettendo in campo anche la firma del direttore Vian. Il “botto” invece l’ha fatto “Vatican Insider”: il lungo e documentato post di Andrea Tornielli ( tinyurl.com/y9yx2e6r ), uscito in prima versione il 1° di dicembre, è divenuto in breve popolarissimo, sebbene si presentasse con un titolo impeccabilmente anodino: «Pilato, ritrovato un anello col suo nome». Rimanendo nell’ambito digital-religioso ne hanno scritto anche “Aleteia”, “Faro di Roma”, “ChurchPOP”, “Terrasanta.net” e “Chiesa e postconcilio” (che ha ripreso un post del sito dell’Unione Cristiani Cattolici Razionali). Queste due ultime fonti si sono collocate agli antipodi rispetto al grado di prudenza: assolutamente sicuro il secondo, che afferma: «Un’altra prova della storicità del prefetto dei Vangeli»; fortemente dubbioso il primo, che si interroga: «L’enigma di un antico anello: appartenne a Pilato?». Dunque, la notizia che uno studio, effettuato su un reperto archeologico ritrovato cinquant’anni fa, potrebbe attestare l’esistenza reale di uno dei protagonisti dei racconti della Passione accende d’interesse l’opinione pubblica ecclesiale digitale (e probabilmente non solo quella). Non c’è da stupirsi: alla maggior parte dei credenti non dispiace se la storia può aiutarli a difendere la ragionevolezza della propria fede. Certo, gli studiosi israeliani hanno sbagliato i tempi della comunicazione: per ottenere il massimo risalto, una notizia del genere andava fatta uscire durante la Settimana santa, non in vista del Natale.

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