Innocenti in carcere, racconto necessario
martedì 10 gennaio 2017
«Dopo di noi resta solo l'amore che abbiamo lasciato». L'affermazione dell'imprenditore Diego Olivieri, da sola, potrebbe valere la prima puntata di Sono innocente, condotto da Alberto Matano, volto noto del Tg1, che sabato scorso ha debuttato in prima serata su Rai 3 alla guida del programma che racconta le storie di chi ha vissuto l'esperienza del carcere senza essere colpevole. La prima storia è quella dell'imprenditore vicentino, accusato di associazione mafiosa, traffico di droga, riciclaggio e assolto dopo un anno di carcere e una lunga vicenda giudiziaria. La seconda è quella di Maria Andò, giovane palermitana accusata di rapina e tentato omicidio, scagionata dopo dieci giorni di detenzione. In entrambi i casi le rispettive famiglie hanno fatto di tutto per tirarli fuori. Eppure l'esperienza vissuta li ha trasformati per sempre. Le singole vicende di chi dal primo momento ha gridato “sono innocente” vengono ricostruite con il racconto dei protagonisti, materiale di repertorio e messe in scena con attori (docufiction). Si parte con il periodo che precede lo sconvolgente episodio dell'arresto, seguono la detenzione, l'iter giudiziario e la scarcerazione per riconosciuta innocenza. Al temine interviene in studio il protagonista, che aggiunge alla narrazione elementi sulla vita presente, sui problemi che si affrontano dopo un'ingiusta carcerazione e sulla risposta personale ed esistenziale che segue a un'esperienza così drammatica e dolorosa. Da un punto di vista tecnico le cose funzionano perché il ritmo è buono (anche se Matano non è scioltissimo) e il racconto dei protagonisti è coinvolgente, mentre le parti di fiction, non avendo un parlato proprio recitato, sono esplicative della narrazione, ma non preponderanti. E poi ci sono le storie in sé dalle quali si apprende innanzitutto un senso di impotenza, di quanto possa essere facile, a causa di indagini superficiali e inadeguate, trovarsi nei guai senza aver fatto nulla e di conseguenza quanto conti il sostegno della famiglia. A parte la mancanza di un vero affondo sulla malagiustizia, tra gli aspetti positivi di Sono innocente c'è quello di farti capire la realtà del carcere nel male e nel bene. Allora puoi scoprire che dietro le sbarre si può impazzire, ma anche che un ergastolano che si chiama Angelo possa esserlo di nome e di fatto.
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