In fuga da nozze combinate Il rifugio di suor Fernanda
giovedì 21 luglio 2022

Nella fotografia che arriva dall'Uganda, lei è l'unica che sorride. Le ragazze giovanissime che la circondano, una dozzina, molte con il pancione, altre con bambini piccoli in braccio, sono assorte. Guardano una buca dove spuntano i germogli di nuove piante. Sono i cereali che hanno seminato e che potranno essere la strada d'accesso verso una vita minimamente indipendente. O almeno, così provano a sperare.

Suor Fernanda con le sue ragazze in Uganda

Suor Fernanda con le sue ragazze in Uganda - cuore amico

Suor Fernanda Cristinelli non ha aspettative di grandi rivoluzioni. La terra in cui vive ed esercita la sua missione di suora comboniana è così povera e marginalizzata e le donne sono così schiave del proprio destino di femmine che anche un minimo, impercettibile cambiamento è un grande segno.

La regione del Karamoja è nell'est dell'Uganda, al confine con il Kenya (a sud) e il Sud Sudan (a nord): l'Onu la classifica tra le più povere del mondo: di 1,2 milioni di abitanti, il 61% è sotto la soglia di povertà. Il governo ugandese nei giorni scorsi ha dichiarato che nella regione ci sono stati "centinaia di morti per fame" e ha inviato aiuti consistenti. Siccità, inondazioni, incursioni di ladri di bestiame e perfino le cavallette flagellano questa terra dove la popolazione è seminomade, l'analfabetismo è al 90% e la savana è disperatamente arida.

Le donne sono vittime di una società tradizionale: procurano l'acqua, tagliano la legna, coltivano i campi, costruiscono le capanne ma non possono possedere niente. Il numero medio di figli per donna è 8, si comincia a 15 anni, «ma tanti bambini non sopravvivono per la fame e la malnutrizione». In mezzo a tutto questo, c'è lei, Fernanda, una esile suora bergamasca 60enne, di cui 32 di missione in Africa.

La voce arriva incredibilmente squillante e fresca attraverso Whatsapp. Nel 2016, tornata da un periodo a Roma dove ha lavorato accanto alle ragazze trafficate, ha creato, con il vescovo del capoluogo regionale Moroto, monsignor Damiano Giulio Guzzetti, l'Ufficio diocesano per le donne. Con alcune collaboratrici lavora giorno e notte perché le donne conquistino briciole di dignità. I percorsi sono tanti: decine di gruppi di microcredito per la compravendita di fagioli, cereali, legumi, che a tutt'oggi coinvolgono 500 donne in diversi villaggi della regione (i progetti sono sostenuti anche dalla onlus bresciana Cuore Amico, la formazione professionale, i centri diurni per raccogliere le ragazze di strada della capitale Kampala...

E poi c'è la lotta ad armi contro i matrimoni forzati e precoci e contro l'abuso sessuale. «Adesso c'è più coscienza, le ragazze si ribellano, scappano. Alcune vengono da noi. Noi le ospitiamo in una casa protetta a Moroto, e poi dialoghiamo con la famiglia e con il clan. Alcune volte riusciamo a cambiare la situazione. Altre volte no». Suor Fernanda racconta di Ester, una ragazzina abusata fin da bambina da un uomo influente del villaggio, un politico locale. «Lei era molto coraggiosa e ha denunciato il suo aguzzino, che è finito in prigione per un anno. Ma quell'uomo ha usato tutta la sua influenza e i suoi soldi per indurla a ritrattare, minacciando anche la famiglia. E così è stato. Noi l'abbiamo protetta nel nostro rifugio, Ester ora ha 17 anni, è tornata a scuola ma non ha avuto giustizia». Da gennaio a oggi nel rifugio sono entrate 20 ragazzine. Poche, di fronte all'enormità del problema, ma suor Fernanda per ognuna di loro ha perso il sonno. «I risultati sono piccoli», conclude. Piccoli semi di speranza.

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