Il vino italiano cresce all'estero
sabato 6 ottobre 2007
Le vendite di vini italiani nel mondo sono cresciute del 12% arrivando alla bella cifra di 1,6 miliardi di euro. Il dato è importante, anche se occorre ormai andarci cauti con i mercati agroalimentari, preda sempre di più dell'altalenare degli umori dei consumatori. Basta pensare che, sempre parlando di vino, è notizia di questi giorni il fatto che, stando ad uno studio condotto in Francia, la scelta di una etichetta piuttosto che di un'altra, può dipendere semplicemente dall'indicazione che di essa viene data da una dei guru enogastronomici in circolazione. Insomma, mercati internazionali e scelte di consumo appaiono legati da equilibri fragili, che possono essere rotti nel giro di un giorno.
Guardiamo ai dati. Nei primi sei mesi del 2007, secondo quanto dichiarato dall'Istat, l'Italia ha esportato vini nel mondo per un valore di 1,6 miliardi di euro: il 12% in più rispetto al corrispondente periodo dello scorso anno. È così che, per la fine dell'anno, potrebbero essere superati i 3,1 miliardi di euro esportati totalizzati alla fine del 2006. Si tratta di una di quelle notizie che hanno fatto gridare di felicità gli addetti ai lavori, anche se " giustamente " subito dopo è stata chiesta una forte attenzione per sostenere la crescita delle vendite all'estero. Andrea Sartori, presidente dell'Unione italiana vini, ha per esempio spiegato subito che la crescita dell'export
«è l'ennesimo segnale di forza di un settore straordinario e trainante per tutto l'agroalimentare, ma che questo successo all'estero, che ormai è la norma, non deve farci dimenticare che in Italia lo scenario è ben diverso, con consumi fermi, se non in ribasso da anni, e l'ombra di possibili provvedimenti normativi che potrebbero penalizzare ulteriormente l'immagine di un prodotto che è, e resta patrimonio di tutti, perché dà lavoro a centinaia di migliaia di persone, genera reddito, assicura entrate importanti per il Fisco, contribuisce alla salvaguardia dei territori». Insomma, vendere bene per qualche mese non fa la differenza. Ci vuole di più. Sartori, e gli altri che la pensano come lui, ha ragione, soprattutto pensando a quanto emerso in Francia.
La scelta di un vino, infatti,
può essere semplicemente determinata dall'umore del critico enogastronomico più ascoltato. Tanto da far crescere i prezzi dei vini segnalati rispetto a quelli trascurati. Ad arrivare ad una conclusione di questo genere sono stati due ricercatori dell'Inra (l'Istitut National de la Recherche Agronomique) per i vini Bordeaux. Alcune etichette segnalate da Robert Parker, uno dei critici enologici più influenti del mondo, hanno beneficiato di un aumento medio nell'ordine di 3 euro la bottiglia, pari ad un lievitare dei prezzi del 15%. E in alcuni casi la crescita è stata di ben 14 euro. Anzi, sembra che gli appassionati " probabilmente però non in grado di scegliere da soli " siano portati verso l'uno o l'altro vino semplicemente se questo viene assaggiato dal supercritico. Giusta o sbagliata che sia, questa tendenza di mercato deve far pensare.
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