Il successo di Signal (purtroppo) non è solo una vittoria
venerdì 15 gennaio 2021

Anche se come abbiamo raccontato, in Europa di fatto non cambierà nulla (e il Garante italiano della privacy ha annunciato che è pronto a intervenire se qualcosa non funzionasse), i nuovi aggiornamenti sulla privacy di WhatsApp (che avranno invece sicuri effetti in Paesi come l'America) hanno fatto scappare milioni di persone dall'app di messaggistica (che ha 2 miliardi di utenti) soprattutto verso un'app chiamata Signal.
Motivo in più per conoscerla meglio. Il successo di Signal, per la verità, almeno in America, è in atto da tempo. All'inizio la usavano soprattutto gli attivisti e gli esperti di informatica. Ma già alla fine del 2016, dopo la vittoria di Trump, il numero di download dell'app era cresciuto del 400%. Un nuovo boom è avvenuto a maggio 2020, durante le proteste del movimento Black Lives Matter. E quando, lo scorso luglio, la Cina ha imposto una severa legge sulla sicurezza nazionale, Signal è stata l'app più scaricata a Hong Kong.
Oggi non è più solo l'app di messaggistica degli «impegnati», ma uno strumento utilizzato anche dal Comitato nazionale democratico, dal Senato degli Stati Uniti, dalla Commissione europea e dalle forze dell'ordine.
Tutti la ritengono l'app più sicura del momento. Permette l'invio di messaggi che si autodistruggono, chat di gruppo, videochiamate e l'invio di qualunque file multimediale. Ma chi sono i proprietari di Signal e come fa a stare in piedi senza usare i dati degli utenti, che da sempre rappresentano una larga fetta del business nel mondo digitale?
La prima particolarità di Signal è che è di proprietà della Signal Foundation, fondata nel 2018 da Moxie Marlinspike e da Brian Acton. Il primo è un esperto di sicurezza informatica che nel 2015 ha dato vita all'app Signal. Brian Acton, invece, ha co-fondato (con Jan Koum) WhatsApp, acquistata da Facebook nel febbraio 2014 per 19 miliardi di dollari. Dalla vendita Acton ha ricevuto 3 miliardi di dollari e ha lasciato WhatsApp nel settembre 2017. Grazie a una sua donazione di 50 milioni di dollari (diventati nel frattempo 106), dal 2018 Signal è di proprietà della Signal Foundation, che non ha scopo di lucro. Oltre alle donazioni di Acton vive grazie alle elargizioni dei benefattori.
Ma davvero è così sicura? Il livello di crittografia usato da Signal non solo è decisamente alto ma il suo codice di base è “open source”, cioè disponibile pubblicamente per chiunque lo voglia scaricare, commentare e analizzare. Alcuni aspetti del suo utilizzo, come il fatto che gli utenti vengano registrati con i loro numeri di telefono e che l'app possa accedere alla rubrica delle persone, hanno sollevato alcune critiche, ma resta il fatto che in circolazione sembra non ci sia sistema di messaggistica più sicuro.
Tutto perfetto, quindi? Quasi. Perché esiste anche un'altra faccia della medaglia. Finché protegge le persone comuni e viene contrastata da Cina, Iran e Russia, ci viene facile tifare per Signal. Diventa invece decisamente più difficile farlo quando si scopre che quest'app è così sicura da essere amata anche da terroristi, mafiosi, complottisti e delinquenti che usandola sanno di non potere mai essere “intercettati” dalle forze dell'ordine.
La questione, quindi, non riguarda solo la sacrosanta privacy di ognuno di noi. Ma interessa anche la collettività. Non a caso, già nel 2016, la Gran Bretagna ha approvato l'Investigatory Powers Act, che autorizza il governo a obbligare i fornitori di comunicazioni a rimuovere la “protezione elettronica” da qualsiasi loro servizio. E nel 2018 l'Australia l'ha seguita a ruota. Perché la privacy «assoluta» è una grande conquista per i singoli. Cioè, per ognuno di noi. Ma averla significa anche pagare un caro prezzo nella sicurezza collettiva.
Infine c'è un problema molto pratico: con tutta probabilità la maggior parte delle persone (per scelta o per pigrizia) non passerà a Signal e resterà su WhatsApp. E così, chi lo farà, smetterà di comunicare con la maggior parte dei suoi contatti.

Signal per Android la trovate qui
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