sabato 25 gennaio 2014
Un giorno viene un tale che sta allestendo un libro sul paradiso. Non occorre che uno sia credente, basta averne anche solo un'idea artistica, di fantasia. Raccoglie interventi di autori delle diverse arti e di personaggi dei più svariati ambiti. In realtà, non so se per puro caso, da qualche tempo, quando sono a tavola con amici mi si affaccia autonomamente questo tema, di cui riferisco a voce alta. La tavola, a ben pensare, è come le quattro stagioni di Vivaldi. Le età hanno un corrispettivo nella tavola, sia per quantità che qualità dei cibi come delle bevande e varia il dolce, il salato, l'acido, le spezie e la cottura. A tavola, come film biografici, s'intrecciano, dalle mense aziendali al pic nic, le infinite anime che vi si manifestano pienamente. L'aleph, quel punto in cui secondo Borges si concentra il mondo intero, secondo me è la tavola. Ora se penso che Gesù Cristo, prima di iniziare la sua passione ha voluto l'ultima cena, come unione coi suoi, mi viene da dire che questo sia il punto massimo, di intensità, di prospettiva (la Messa) ma forse di ulteriore rivelazione anche circa l'aldilà. Nulla di teologico, intendiamoci, ma mi viene in mente: «Non potrebbe essere il paradiso, per certi aspetti, una eterna tavolata universale, del Padreterno con tutti i beati?». Allora, dalla tavola familiare con la minestra, ad ogni altra possibile e immaginabile, sono queste le affettive icone di anticipazione paradisiaca? Sarà uno scherzo della vernaccia? a questo fantasticare penso, mentre assumo le pillole, prima o dopo i pasti, tre volte al dì.
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