Il cardinal Ravasi e i social: né apocalittico né integrato
mercoledì 30 novembre 2022
In due recenti interviste – una di Iacopo Scaramuzzi su “La Repubblica” (19 novembre bit.ly/3VEogI3 ) e l’altra, più ampia, di Antonio Sanfrancesco su “Il Libraio” (ieri, 29 novembre bit.ly/3XGmUhW ) – il cardinal Gianfranco Ravasi ha fatto una serie di riferimenti ai social network che meritano di essere sottolineati. Perlopiù ha parlato di quello di cui ha maggior esperienza, Twitter, dove in effetti prende la parola «due volte al giorno. La mattina, di solito, una citazione biblica, la sera un autore, anche non credente. Mi aiuta Giulia, una giovane madre di 30 anni che lavora al Cortile dei Gentili, con la quale mi confronto sui temi e il linguaggio da utilizzare». Verso l’«ambiente globale» digitale, «dove ormai viviamo tutti», egli non si mostra né apocalittico né integrato. Anche Gesù oggi, a suo parere, «utilizzerebbe i social, ma senza obbedire alle leggi imposte dalle grandi corporation, né adeguandosi allo stile aggressivo oggi in voga». Per mostrare le affinità tra la comunicazione nel Vangelo e quella digitale Ravasi indica l’uso di immagini e di frasi brevi. «Noi oggi siamo nella civiltà dell’immagine e Gesù già utilizzava le parabole, che sono racconti visivi», dice. E poi cita «Rendete a Cesare quel che è di Cesare, rendete a Dio quel che è di Dio», che «in greco, con gli spazi, sono cinquantadue caratteri, pochi rispetto ai duecentottanta oggi possibili per un tweet!». Eppure è una frase evangelica tra le più note e discusse. Il presidente emerito del Pontificio consiglio per la cultura, ottant’anni da poco compiuti e l’ultima laurea honoris causa (in Scienze dell’antichità) ricevuta il 23 novembre scorso all’Università Cattolica, conta sul suo account Twitter @CardRavasi 117mila followers, con i quali ha una relazione dialogica. In passato, dice rispondendo a una domanda sugli haters, «c’erano quelli che ribattevano in maniera polemica e aggressiva a ogni mia affermazione. Adesso ho adottato un nuovo sistema, meno assertivo e più dialogante e, se vogliamo, provocatorio. Cito la frase di un autore, ad esempio quella di Voltaire sul caso, e poi chiedo se gli utenti sono d’accordo o meno. Una volta ho chiesto anche suggerimenti sui libri da leggere». E all’intervistatore che commenta quanto sia arduo dargli consigli di lettura replica divertito: «Mi hanno scritto in duecento». © riproduzione riservata
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