I santi Pietro e Paolo in Rete «cultura cristiana» a spanne
domenica 2 luglio 2023
Ogni volta che nella Chiesa ricorre una festa o solennità, porzioni dell’infosfera ecclesiale si allineano con il calendario liturgico, mettendo a tema la devozione o il santo del giorno. Non fanno eccezione i santi Pietro e Paolo. Segnalo rapidamente, oltre alle cronache della Messa e dell’Angelus papali, alcuni post comparsi intorno allo scorso 29 giugno. C’è chi (Lucia Graziano – “Una penna spuntata” bit.ly/3XA1Lq7) rinnova pervicacemente il tentativo di ottenere, esponendo alla rugiada notturna una caraffa con acqua fredda e un albume d’uovo, una benaugurante “barca di Pietro”. C’è chi (“Cristianesimo Cattolico” bit.ly/44nXJ6n, che riprende “Nbq”) intervista il rettore della chiesa sull’Appia antica che la tradizione associa al celebre «Quo vadis?» rivolto da Pietro a Cristo. C’è chi (“Aleteia” edizione anglofona bit.ly/3NTIpbd), immaginando di viaggiare a ritroso nel tempo fino alla Roma del primo secolo, vede l’apostolo Paolo, prigioniero nel Carcere Mamertino, scrivere a Timoteo. E c’è anche chi, lavorando un po’ frettolosamente sulle traduzioni dall’inglese, ottiene risultati opposti alle buone intenzioni, che in questo caso erano un catalogo di «sei cose da sapere su san Pietro e su san Paolo». Sto parlando della versione italiana del sito “ChurchPop” (bit.ly/3PxTJvY), testata della rete internazionale Ewtn, che, riprendendo il “ChurchPop” anglofono (bit.ly/3pwHULU), inciampa in un paio di espressioni. La prima, a proposito di san Paolo, ne fa il patrono «dei missionari» – sin qui ci siamo – «e degli evangelisti». Ma l’inglese “evangelist”, dicono i dizionari, si riferisce tanto allo «scrittore di uno dei quattro Vangeli» quanto a «chi cerca di convertire altri alla fede cristiana»: ciò cui certamente allude “ChurchPop”, ma che in italiano definiamo “evangelizzatore”. La seconda, a proposito di san Pietro, spiega che egli non si chiamava così, quando era solo un pescatore della Galilea. E anche qui ci siamo. Ma dire che Simone era il suo «nome di battesimo», quando l’inglese usa semplicemente l’avverbio «originally», suona oggettivamente come una libertà di traduzione che dimentica sia il significato proprio della parola “battesimo” sia l’origine del sacramento: ciò che, su un sito «dedicato alla cultura cristiana», sarebbe meglio non succedesse. © riproduzione riservata
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