Export a +3% per l'agroalimentare nel 2016
domenica 8 gennaio 2017
Vendite all'estero da primato e bilanci tutto sommato migliorati. Per l'agricoltura il 2016 pare essersi chiuso bene. Certo i problemi non sono mancati – basta pensare alla questione dei cereali o all'eterno (ma quasi risolto) problema del latte, oppure ancora ai rapporti sempre conflittuali fra produzione agricola e il resto della catena alimentare –, ma a confrontarlo con il resto dell'economia, quello dei campi e delle stalle appare essere un settore in condizioni migliori dell'industria.
Le organizzazioni agricole hanno fatto notare quanto è stato raggiunto e quanto occorre ancora fare. Coldiretti, per esempio, parla di «record storico per il valore delle esportazioni di prodotti agroalimentari italiani che nel 2016 ha raggiunto il massimo di sempre, arrivando a quota 38 miliardi di euro, grazie a una crescita del 3%». Vendite buone per i conti agricoli, anche se i tre quarti di queste sono di fatto finite nel mercato europeo (in qualche modo un “mercato interno”). Ma i buoni prodotti agroalimentari nostrani hanno fatto bella figura anche in mercati come quelli del Nordamerica, dell'Asia e dell'Oceania. Solo in Russia l'export continua a soffrire pesantemente gli effetti dell'embargo. Vino e ortofrutta fresca in prima fila, poi, con vendite che hanno oltrepassato i dieci miliardi complessivamente, seguiti da formaggi e dell'olio di oliva; senza dimenticare i salumi. Ma Coldiretti punta il dito: l'agropirateria è ancora da affrontare in maniera compiuta. Di tendenza positiva parla invece Confagricoltura: «L'annata agricola 2016 dovrebbe essersi chiusa con un incremento del valore aggiunto del 2%». In questo modo il valore aggiunto dovrebbe arrivare a quasi 30 miliardi di euro. Ma Confagri aggiunge subito: «Il settore è toccato da una dinamica deflativa che sta colpendo le quotazioni all'origine dei prodotti agricoli (pur con differenze per alcuni comparti) ed anche i costi di produzione».
A conti fatti a fine anno le stime indicano un andamento complessivo dei prezzi che potrebbe aver fatto segnare mediamente un calo del 5-6%, rispetto a una diminuzione media dei costi di produzione del 2-2,5% circa. Ed è proprio sugli effetti deleteri della deflazione che riflette, forse più di altri, la Cia-Confederazione italiana agricoltori quando sottolinea come vi sia ancora «tanta strada da fare per tornare ai livelli pre-crisi». Da qui una ricetta comune a tutti gli operatori del comparto: colmare il divario di prezzo nei vari passaggi della filiera alimentare e ridurre le distanze fra i diversi attori del settore.
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