Ebrei, sinti, palestinesi la memoria per gli atleti
mercoledì 22 gennaio 2025
Il prossimo 27 gennaio, come ogni anno da quando, nel 2005, le Nazioni Unite decisero di celebrare il giorno in cui le truppe dell’Armata Rossa liberarono il campo di concentramento di Auschwitz, sarà il “Giorno della Memoria”. In questa settimana, con il mondo aggrappato a una fragile tregua in Medio Oriente, offriamo alla Memoria uno sguardo attraverso la lente dello sport che, non sempre riuscendoci, ambisce a essere strumento di pace. Lo facciamo nel ricordo degli oltre quattrocento atleti palestinesi che hanno perso la vita e di fronte alla distruzione di centinaia di infrastrutture sportive nella striscia di Gaza che hanno portato il Comitato olimpico palestinese ad affermare che per dieci anni sarà impossibile immaginare lì qualsiasi attività sportiva. Una storia struggente, quella degli sportivi di Gaza: come Johann Trollmann, un pugile il cui stile anticipava quello del Muhammad Ali che “volava come una farfalla e pungeva come un’ape”. Danzava sul ring anche Trollmann, nato in Bassa Sassonia nel 1907, da una famiglia di etnia sinti. Diventato famoso alla fine degli anni ’20, bello e vincente era un problema da risolvere per la commissione tecnica della federazione pugilistica del Reich prima dei Giochi Olimpici di Amsterdam 1928. Era il miglior talento tedesco, ma, si domandavano i commissari: “Che cosa succederebbe se questo ragazzo vincesse ai Giochi? La Germania ha bisogno di un sinti per trionfare?”. Non si poteva correre quel rischio, Trollmann non va ai Giochi e il pugile danzante, se voleva continuare la sua carriera, non può danzare più. “La boxe – gli dicono – è una cosa seria”. E, pena la revoca della licenza, Trollmann deve combattere da fermo, senza potersi muovere dal centro del ring. Così affronterà Gustav Eder nel luglio del 1933: immobile, subisce colpi tremendi fra le risate, perché si presenta al combattimento con i capelli tinti di biondo platino e con il corpo ricoperto di borotalco, per ridicolizzare la richiesta di “comportarsi da ariano”. Trollmann finisce al tappeto in una nuvola bianca, viene radiato dalla federazione, inviato sul fronte della Loira e poi su quello russo. Sopravvive, ma il Fürher decide che il Reich non ha più bisogno dei trentamila sinti che combattono per il glorioso esercito tedesco. Per loro c’è un altro progetto: Trollmann viene deportato in un campo di concentramento, dove viene fatto combattere per allietare gli ospiti del comandante del lager che fa da arbitro. In queste condizioni viene sfidato da un kapò, Emil Cornelius, ex pugile dilettante che vuole togliersi il gusto di mandare ko colui che era stato campione di Germania. Trollmann non riesce a sopportare l’ennesima umiliazione della sua vita: farsi battere per il divertimento di qualcuno. Cornelius va al tappeto dopo pochi secondi, ma quello sarà il suo ultimo combattimento. Il kapò si prenderà la rivincita dopo una settimana, con una tremenda bastonata al cranio, sferrata alle spalle del campione. Possano aiutarci, le morti di oggi di centinaia di sportivi palestinesi come quelle di allora di centinaia di sportivi ebrei, rom, sinti, in questa settimana dedicata alla memoria, a “perdonare sì, dimenticare no”, come diceva Primo Levi. © riproduzione riservata
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: