De Laurentiis, siamo uomini o capi ultrà?
domenica 7 maggio 2023
Non c’è alcun dubbio, confermiamo i due titoli di ieri di Avvenire, giorno delle celebrazioni del 3° scudetto sotto il Vesuvio: “Vedi Napoli e poi vinci” e “È stata la mano di Aurelio”. Napoli città, al di là di qualche intemperanza di troppo, i soliti razzi sparati in aria ma per fortuna senza razzismi, ha sicuramente vinto, anzi stravinto, per passione, folklore e originalità. L’astronauta che piazza la bandiera del Napoli sulla luna e dice: «Con questo ho finito gli addobbi», è la sintesi della napoletanità tricolore. Ha stravinto anche il cinepresidente Aurelio De Laurentiis, il quale, lo ribadiamo, da vent’anni a questa parte c’ha messo una grossa mano per arrivare al traguardo scudetto, ma poi si perde sempre in cadute di stile che ne fanno un tifoso e quasi un’ultrà al pari di Politano, un suo tesserato che nel momento della festa non trova di meglio che inneggiare contro la Juve «m...». Il tifo dalle nostre parti
sì sa è una malattia incurabile e il supertifoso De Laurentiis invece di dare l’esempio ai suoi piccoli geni ribelli rincara la dose, alimentando la macchina del fango, sempre accesa quanto quella del sospetto. «Qualche volta siamo arrivati secondi, ma potevamo anche arrivare primi. Sento di aver vinto altri scudetti, sicuramente quello dell’onestà. Siamo stati vincenti per anni, avevamo potuto vincerne altri ed è come se li avessimo vinti ma l’irregolarità costante qualche volta ci ha frenati». La solita spectra che dalla Serie A arriva fino alla Uefa e secondo De Laurentiis avrebbe impedito al Napoli di andare avanti in Champions. Ricordiamo al cinepresidente che in semifinale ci sono comunque due italiane, Milan e Inter e non ci risulta che godano di favoritismi da parte della Uefa e la qualificazione se la sono guadagnata sul campo, tanto quanto il Napoli ha meritato lo scudetto. Caro De Laurentiis, la domanda sorge spontanea: ma siamo uomini di sport o capi ultrà? Il fairplay qui da noi è soltanto una parola straniera, però sarebbe importante cominciare a praticarlo, in campo e anche fuori. Quindi, tanto per cominciare invitiamo le sette sorellastre della Serie A che si sono rifiutate di fare i complimenti ai neocampioni d’Italia di compiere il gesto formale, quanto dovuto. Gesto non formale, ma sincero, per il direttore Marco Tarquinio che dopo 14 anni lascia la direzione di Avvenire a un altro Marco, Girardo. Auguro all’amico Tarquinio di coronare altri sogni, a cominciare da quello di interista di Interspac, l’Inter del futuro in mano all’azionariato popolare. Se non ora, quando? © riproduzione riservata
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