Con Noseda alla riscoperta del sentimento religioso verdiano
domenica 12 giugno 2011
Nel fremito patriottico risvegliato dai festeggiamenti per il 150° anniversario dell'Unità d'Italia che stanno attraversando in lungo e in largo la nostra penisola, Giuseppe Verdi (1813-1901) ricopre ovviamente un ruolo di primissimo piano in tutte le celebrazioni di carattere musicale; compositore risorgimentale per acclamazione, nella sua lunghissima e fortunata parabola creativa il maestro di Busseto ha infatti consegnato al pentagramma alcune pagine immortali di alto valore artistico e patriottico (si pensi ai cori «Va, pensiero» del Nabucco o «Patria oppressa» del Macbeth).
Con un contributo originale e in leggera controtendenza, nella sua nuova fatica discografica Gianandrea Noseda ha voluto impaginare un programma che, all'Inno delle Nazioni (scritto in occasione dell'Esposizione Internazionale di Londra del 1862), affianca i lavori meno conosciuti delle peraltro rare incursioni verdiane nel repertorio sacro (cd pubblicato da Chandos e distribuito da Sound and Music). Accompagnato dall'Orchestra e dal Coro del Teatro Regio di Torino e dal soprano Barbara Frittoli, il direttore milanese ci guida innanzitutto all'ascolto del Libera me, Domine del 1868, che contiene in nuce gli spunti tematici fondamentali che troveranno poi sviluppo nella versione definitiva del Requiem; il nucleo centrale del progetto è però costituito dalle quattro opere corali comunemente denominate Pezzi sacri che racchiudono al proprio interno lo Stabat Mater, le Laudi alla Vergine Maria e il Te Deum " composti tra il 1893 e il '97 " a cui venne in seguito aggiunta l'Ave Maria del 1889.
Brani altamente suggestivi, tutti "verdiani" nel loro specifico carattere di dramma in musica: protagonista assoluta è infatti sempre la parola, e la sua valenza comunicativa è via via chiamata a colorare la tavolozza timbrica e sonora di ogni singola composizione. Nella trasparente filigrana degli apporti vocali non è difficile scorgere i frutti più spontanei e immediati del tributo pagato nei confronti dei maestri dell'antica polifonia, ma anche gli evidenti ma discreti indizi di un sincero sentimento religioso; là dove Verdi sembra appena sussurrare il nome di quel Mistero a cui ha invece conferito voce potente e solenne sulla ribalta di un palcoscenico.
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