Come resiste al tempo il “Gesù” di Zeffirelli
venerdì 30 marzo 2018
Alla ricerca di un programma adatto per uscire in un giorno molto particolare come il Venerdì Santo, quando Rai 1 trasmette in diretta la Via Crucis con il Papa al Colosseo (questa sera alle 21,00) e poche altre reti si adeguano alla circostanza, ci siamo imbattuti nel Gesù di Nazareth di Franco Zeffirelli in quattro parti su Tv2000, da mercoledì a sabato, in prima o in seconda serata (mercoledì alle 21,05; ieri alle 21,20; stasera alle 22.40; domani alle 23,00). Di fronte all'ennesima replica può nascere spontanea la domanda se un film del genere possa reggere ancora in tv a oltre quarant'anni di distanza dalla prima messa in onda, che fu, va ricordato, un vero evento, con ascolti altissimi e numerose iniziative collaterali. Oltre ai libri, uscirono un albo a fumetti e persino una raccolta di figurine. Con tutto il rispetto del caso, il film di Zeffirelli, nel 1977, replicò il clamoroso successo televisivo registrato l'anno prima con il Sandokan di Sergio Sollima. Rivisto oggi, il Gesù mostra qualche segno del tempo. Ma non più di tanto, anche a confronto con tutti i prodotti successivi che hanno preso a pretesto i Vangeli, primo fra tutti La Passione di Cristo di Mel Gibson. Nell'opera del grande regista fiorentino, non tutto è ispirato. Ci sono evidenti momenti di calo. Ma il film mostra ancora la sua forza evocativa e didascalica. Zeffirelli non scelse di narrare con rigorosa fedeltà storica la vicenda terrena di Gesù, bensì di interpretarla, sempre attento, però, alla persona uomo e Dio. C'è molto di romanzato, ma anche di verosimiglianza, nonostante una cura quasi esasperata dei particolari, dei costumi e delle ambientazioni. Dai Vangeli il regista e gli sceneggiatori (Suso Cecchi D'Amico, Masolino D'Amico, Anthony Burgess e David Butler) tolsero e aggiunsero. Ci voleva comunque un Gesù televisivo capace di entrare nelle case senza stravolgere l'idea dei telespettatori. Per questo la decisione fu di andare verso un'immagine classica del Nazareno: capelli lunghi, divisi sulla fronte e barba rada. In poche parole, il Cristo dell'immaginario collettivo. Un Gesù della tradizione, ma non oleografico. Arrivare a Robert Powel per la parte del protagonista non fu facile, ma la scelta si rivelò azzeccata, così come quella degli altri attori per dare un volto ai personaggi principali.
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