Col soprano Kiehr tornano a vibrare le Lamentazioni del profeta Geremia
domenica 17 febbraio 2008
Gli amanti della musica antica, e in particolare del repertorio di carattere sacro, hanno col tempo imparato a conoscere e apprezzare il vasto corpus di opere che, nel corso dei secoli, alcuni tra i più illustri compositori della storia hanno dedicato alle cosiddette Lamentationes Hieremiae Prophetae, le celebri "lamentazioni" bibliche che il profeta Geremia, affranto e desolato, ha innalzato di fronte alla distruzione di Gerusalemme del 586 a.C.: «Ah, come sta solitaria la città un tempo ricca di popolo! È divenuta come una vedova, la grande fra le nazioni; un tempo signora tra le province è sottoposta a tributo. Essa piange amaramente nella notte, le sue lacrime scendono sulle guance; nessuno le reca conforto, fra tutti i suoi amanti; tutti i suoi amici l'hanno tradita, le sono divenuti nemici"».
A partire da Orlando di Lasso, Tomas Luis de Victoria e Cristóbal de Morales per arrivare a Giovanni Pierluigi da Palestrina, Emilio de' Cavalieri e Alessandro Stradella, i più geniali talenti dell'arte creativa musicale hanno rivestito di splendide melodie questi struggenti versi dell'Antico Testamento, che venivano tradizionalmente intonati in occasione dei "Notturni" del Triduo pasquale, durante l'"Ufficio delle Tenebre": al calare della notte della vigilia di Giovedì, Venerdì e Sabato Santo, quando i ceri, disposti a forma di triangolo nei pressi dell'altare, venivano spenti l'uno dopo l'altro e la chiesa cadeva nella più completa oscurità.
A questi antichi rituali, carichi di suggestione e di devota partecipazione, si riferisce il progetto discografico intitolato Lamentazioni per la Settimana Santa (pubblicato da Harmonia Mundi e distribuito da Ducale), in cui Jean-Marc Aymes e il suo ensemble Concerto Soave hanno affiancato composizioni anonime alle pagine di alcuni autori di primo piano attivi a Roma intorno alla metà del Seicento: Girolamo Frescobaldi (1583-1643), Giacomo Carissimi (1605-1674) e Giovanni Francesco Marcorelli (circa 1615-1675). Al soprano argentino Maria Cristina Kiehr spetta il ruolo di protagonista assoluto, voce duttile e ispirata, emotivamente impegnata in una vera e propria "grammatica del dolore" declinata nel solco del cammino penitenziale che rispecchia i tormenti di un'umanità dolente.
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