“Churchbook”, se la Chiesa è social
martedì 14 aprile 2020
Presentato nell’ottobre scorso in anteprima alla Festa del cinema a Roma, è arrivato ieri sera in tv su History (canale 407 di Sky) il documentario Churchbook, che già dal titolo, attraverso un gioco di parole, fa intuire il tema, il rapporto tra la Chiesa e i social media, ma soprattutto il taglio molto poco istituzionale con cui sarà affrontato. Ed è giusto che sia così, perché Quando la fede si fa social, come recita il sottotitolo, bisogna accettare tempi, modi e linguaggio dei social stessi anche in un racconto che coinvolge direttamente il Papa, o meglio @Pontifex come vuole l’ormai famoso account con milioni di followers in tutto il mondo. Era il 12 dicembre 2012 quando Benedetto XVI al termine dell’udienza in Aula Paolo VI cliccava su un iPad il tasto invio lanciando in rete, in inglese, il suo primo tweet: «Cari amici, è con gioia che mi unisco a voi via twitter». La più importante autorità religiosa al mondo apriva un nuovo canale di comunicazione con i fedeli di tutto il pianeta. Quattro anni dopo sarebbe toccato a Francesco debuttare sul più rischioso Instagram. Il documentario scritto e diretto da Alice Tomassini racconta, con un disinvolto e a tratti simpatico dietro le quinte, come si è arrivati a questi passaggi storici nella comunicazione della Santa Sede. Molti dei protagonisti non sono più al loro posto. I vertici dell’apposito Dicastero vaticano sono cambiati. Ma coloro che intervengono, da monsignor Dario Edoardo Viganò a Gregory Joseph Burke, da Thaddeus Jones a Nataša Govekar, hanno determinato la rivoluzione social tra le Mura Leonine. Tra gli intervistati compaiono anche Alessandro Gisotti, attuale vicedirettore editoriale dei media vaticani, e il fotografo pontificio Francesco Sforza, ma è soprattutto Burke, allora direttore della Sala Stampa Vaticana, a lasciarsi andare agli aneddoti più curiosi, compreso quello di aver sperato che non fosse eletto Bergoglio che in tutta la sua vita in Argentina aveva rilasciato sì e no sei o sette interviste. «Chissà che rapporto potrà mai avere con i giornali», pensò. Bastarono due minuti, fu sufficiente quel «Buonasera» dalla Loggia di San Pietro per ricredersi. Francesco era di natura un grandissimo comunicatore.
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