Boom di bollicine italiane a dicembre
domenica 22 dicembre 2019
Spumanti d'Italia di grande successo. Come sempre e più di prima. È il segno della forza di un comparto, quello delle bollicine nazionali, che pare vincere quasi a mani basse sui mercati nazionali e internazionali. In realtà, il successo viene conquistato ogni giorno e non è frutto del caso. Quella delle bollicine, è comunque immagine e contenuto di una delle Italie migliori, che tutto il mondo ci invidia e cerca di imitare. A stabilire il primato sono i numeri. Stando alle consuete elaborazioni dell'Osservatorio Economico Vini Speciali (Ovse-Ceves), in un mese, quello delle feste di fine anno, salteranno qualcosa come 77 milioni di tappi di bottiglie di bollicine nazionali. Detto in altri termini, 2,5 milioni di bottiglie ogni giorno, per un valore complessivo alla produzione di circa 280 milioni di euro. In crescita sia volumi (+3,3%) che valori (+4,4%). Certo, ci sarà un po' di tutto. L'Ovse-Ceves precisa che in termini di tipologia di consumo le differenze sono grandi. Gli osservatori del settore spiegano che la tradizione per Natale vuole vini dolci e dry, per l'Epifania più vini rosé seppur ancora molto pochi rispetto ad altri paesi, mentre le feste di capodanno vedranno una forte presenza di vini secchi e brut.
Occorre poi anche tenere conto di un altro aumento: quello dello champagne, nostro eterno concorrente. Ma, precisa sempre l'Ovse, «saranno solo 3,7-3,9 milioni le bottiglie straniere». Stime di dettaglio sono difficili, potrebbero però essere stappate circa 48-50 milioni di bottiglie Prosecco, 10-11 milioni di metodo tradizionale classico, poi 6 milioni di Asti.
Ciò che vale di più è la ricerca di certezze. Spiega Giampiero Comolli, da sempre a capo del Ovse-Ceves: «C'è un crollo delle etichette poco note e non chiare nell'origine e nella marca, anche se copie di note». Intanto, secondo l'Ovse-Ceves, quella che viene chiamata "biodiversità spumantistica nazionale" si arricchisce in 2 anni di 120-140 etichette delle aziende vitivinicole a sud degli appennini tosco-emiliani. Indice di vivacità, ma anche di una situazione che va gestita. Si tratta di un "patrimonio eccezionale, che tuttavia ha anche forti difficoltà di penetrazione, di conoscenza, di destinazione ampia. Sono produzioni di nicchia che restano tali, ma valorizzano ospitalità, accoglienza». E non solo, perché viene anche fatto notare come «gli spumanti d'Italia siano sempre più attrazione, buongusto e bellezza per i turisti stranieri».
A conti fatti, l'enologia spumantistica italiana vale, dice l'Ovse, una bilancia export e un contributo al Pil di non poco conto: 2,2 miliardi di euro all'origine che diventano 6,1 al consumo finale. Su tutto vale, comunque, quanto dice Matteo Lunelli, a capo di Ferrari e presidente di Altagamma, che commenta: «Il successo degli spumanti italiani ha dietro non solo una grande tecnica produttiva, collegata alla diversità dei territori, ma anche un non comune sforzo di valorizzazione del prodotto». Che è come dire: vincere costa sempre fatica e impegno.
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