Boca-River Plate, l'umanità salvata da una milonga
mercoledì 10 maggio 2017
La Boca è un tango ballato sui ciottoli, non sui parquet levigati delle Milonghe del centro, sotto un cielo di mille colori, un disordine organizzato che aiuta a ricordare meglio o, forse, a dimenticare.
Cammino per il barrio La Boca, il vecchio porto di Buenos Aires, che a inizio novecento era una sorta di Ellis Island del SudAmerica, fatta da e per Italiani come me, che qui arrivavano e che, per risolvere lo struggente problema della tentazione di tornare indietro, costruivano le loro case usando lastre di lamiera strappate ai piroscafi dai quali erano scesi, colorandole con vernici avanzate dalle industrie navali. Lamiere colorate e disposte in modo disordinato e allegro, perché se tutti i giorni la nostalgia ti strappa il cuore dal petto, meglio che lo faccia in un luogo disordinato, allegro e in qualche modo vivo, capace di costringere quella pena a scegliere altre strade per manifestarsi. Mi chiedo perché qui sia nato il Tango, a Lisbona il Fado o il Rebetiko ad Atene?
La risposta che mi viene in mente è che Buenos Aires, Lisbona, Atene prima che essere città, sono porti. Stazioni di arrivo, frontiere, bordi del mondo dove i sentimenti umani vengono maggiormente messi alla prova e si esprimono attraverso i linguaggi più emozionanti e universali: la musica e lo sport. Gli umani scelti per presidiare queste riserve di sensibilità compiono gesti essenziali: scrivono note struggenti, danzano oppure giocano a calcio. Nel 1905 qui nacque il Boca Juniors, fondato da un manipolo di adolescenti di origine genovese, tanto che ancora oggi quella tifoseria è nota come Xeneises. Francesco Farenga, un falegname originario di Muro Lucano, Potenza, costruì le porte del primo campo da gioco e i colori sociali furono scelti per scommessa: "Le nostre maglie - concordarono i ragazzi - saranno del colore della bandiera della prima nave che vedremo oggi attraccare al porto". Arrivò un piroscafo svedese, il Boca diventò giallo-blu per sempre. Colori, per dire, che vestirà anche Diego Armando Maradona. Nello stesso barrio, quattro anni prima, era nato anche il River Plate, nome scelto da un altro manipolo di ragazzi grazie alla fantasia di un marinaio inglese che aveva spedito una cassa di legno con sopra scritte quelle parole, bizzarra interpretazione anglofona del nome del fiume che alla Boca sfocia: il Rio de la Plata.
I biancorossi del River, tuttavia, scelsero presto di andare via dal barrio, spostando il loro campo in un quartiere residenziale di Buenos Aires. Da quel momento diventarono Los Milionarios, tanto che nel 1932 si potranno permettere di acquistare un tal Bernabé Ferreyra per una somma gigantesca, saldata in lingotti d'oro. La partita Boca-River, invece, diventerà El SuperClásico, il derby di tutti i derby. Domenica prossima, l'ennesimo atto. Si giocherà a La Bombonera, lo stadio del Boca Juniors, incastrato fra le case de La Boca.
Non è certamente il più bello del mondo, ma il più affascinante senz'altro. Si ripeterà un rito collettivo: 55.000 tifosi arriveranno ore prima dell'inizio del match, migliaia di loro si metteranno a saltare sui gradoni della tribuna più calda: la doce (non un nome, ma un numero, il dodici, che evoca in maniera esplicita l'importanza di quel pezzo di stadio). Quei gradoni stanno esattamente sopra lo spogliatoio del River, che sarà squassato da un rumore impressionante, tanto forte da far passare la voglia di uscirci. Alla fine Los Millionarios usciranno e si giocherà, in un inferno giallo-blu. A un eventuale goal del Boca, l'altro rito: l'avalancha, una valanga umana di tifosi che lasceranno il loro posto (in piedi) correndo, pazzi di gioia, giù verso il prato. Scrivo queste righe da una Buenos Aires che si sta preparando alla partita delle partite in un autunno insolitamente caldo. Lo faccio prima del fischio d'inizio perché non m'interessa il risultato finale, tanto meno la cronaca della partita. Ciò che mi affascina e rapisce, passeggiando qui e guardandomi intorno, è la certezza del comprendere che esistano pezzi di umanità che possono essere salvati dall'intensità di una milonga o di uno stadio di calcio.
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