Alle “Belve” manca forse una domatrice
venerdì 16 marzo 2018
Èda tempo, giustamente, che la definizione "sesso debole" non va più di moda. Ma se qualcuno avesse ancora qualche dubbio, se lo può togliere dando un'occhiata al nuovo programma in cui la giornalista Francesca Fagnani racconta Le Belve, otto donne per altrettante interviste di mezz'ora in onda su Nove il mercoledì alle 23.30. Le Belve che hanno accettato l'invito e di conseguenza la definizione sono Annamaria Bernardini De Pace, Adriana Faranda, Alessandra Mussolini, Giuliana de Sio, Marina Cicogna, Roberta Bruzzone, Caterina Pinto e Francesca Immacolata Chaouqui. Si va da una matrimonialista a un'ex brigatista rossa, a una criminologa e a un'ex camorrista. Donne che hanno veramente poco a che fare l'una con l'altra, ma che hanno conquistato spazi con la forza e l'intelligenza non sempre volta al bene, in alcuni casi anche al male o peggio al crimine. L'intervista alla Faranda, mercoledì scorso, sia pure in seconda battuta dietro la Bernardini de Pace, è senza dubbio quella di maggior richiamo. Non è la sola concessa dall'ex brigatista in questi giorni a quarant'anni dalla strage di Via Fani e dal sequestro di Aldo Moro, ma qui colpiscono alcune affermazioni. La Faranda parla ancora di «Stato stragista». È consapevole di avere ucciso, ma anche che allora si sentiva in guerra. Mentre una delle questioni più equivoche riguarda la non reazione della scorta di Moro: «Non immaginavamo che gli uomini della scorta non rispondessero al fuoco. Comunque, non avevamo messo in conto il colpo di grazia». Alla luce di quello che è successo l'affermazione è inquietante. Di ben altra natura, ma non meno discutibili, le affermazioni della Bernardini de Pace che sostanzialmente invoca i disastri familiari, uno dei quali (parole sue) le ha reso addirittura un milione di euro. Dice anche di aver deciso di non avere più uomini: «Mi sono fidanzata con me stessa e ogni tanto mi tradisco con qualcuno». È contraria alla legge sulle unioni civili, ma conosce coppie omosessuali che crescono benissimo i loro figli perché «non conta il fisicamente padre o madre, conta avere la psicologia concava della madre e convessa del padre». Dalle due interviste si esce un po' frastornati. È giusto lasciare spazio al racconto, ma un po' più di contraddittorio ci vorrebbe, almeno per non dare in pasto ai telespettatori le Belve così some sono.
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