Al web servono i divulgatori credibili
venerdì 15 luglio 2016
Che cosa manca al mondo digitale? Probabilmente, moltissime cose. Ma se dovessi individuarne una sola, risponderei: i "divulgatori credibili". Non so se ci avete fatto caso, ma una delle caratteristiche del mondo digitale è l'essere invaso da esperti. Ce ne sono tantissimi. Tutti pieni di verità assolute su ogni tipo di argomento. Tutti capaci di rilanciare ogni giorno uno o più articoli, scritti di proprio pugno o presi da blog e testate di altri super esperti sparsi in ogni parte del mondo.Intendiamoci, in ogni campo gli esperti sono necessari e svolgono funzioni importantissime. Solo che, la quasi totalità, sa rapportarsi soltanto con altri esperti. Scrivono utilizzando termini spesso molto tecnici e rifacendosi a persone ed esempi che unicamente loro (e il proprio pubblico) conoscono. Se non facessero così – sostengono –, il livello dei loro interventi crollerebbe. Probabilmente hanno ragione. Ed è per questo che, secondo me, nel mondo digitale servono divulgatori credibili. Esperti, cioè, che si prendano sulle spalle il pesante compito di rispondere alle domande comuni anche sui temi più difficili.Un tempo questo compito veniva svolto per la gran parte dai giornalisti. E così avviene ancora anche oggi. Solo che i giornalisti sono di solito abituati a scrivere per la carta stampata e usano quindi lunghezze, stili e modalità che nel mondo digitale non riescono a sfondare. C'è anche altro che, a mio parere, frena la crescita dei divulgatori: l'errata convinzione che divulgare significhi banalizzare e che, dunque, il divulgatore sia una sorta di "esperto banale". Eppure, basterebbe ripensare alla storia della televisione (e non solo a quella) per capire quanto siano stati importanti, in ambiti ed epoche diverse, personaggi come il maestro Manzi, Piero Angela o il cardinale Gianfranco Ravasi.Per stare nel mondo digitale, io sogno tanti Salvatore Aranzulla. Chi è? Un ragazzo di 26 anni che dispensa consigli tecnologici alla portata di tutti, partendo dalla domanda che si farebbe l'utente (come faccio a...?) e rispondendo come se «lo spiegassi a mia anziana zia». Un'idea tanto semplice quanto trascurata praticamente da tutti. Che ha lanciato il blog di Aranzulla oltre le 500mila visite giornaliere e, grazie alla pubblicità, gli ha fatto superare il fatturato di un milione di euro l'anno.Venendo al mondo cattolico, a me sembra che una delle strade digitali da percorrere sia quella di creare un servizio "certificato" (un blog, un'app, un portale, un sito) dove i fedeli, ma anche quanti magari da anni non entrano in una chiesa, trovino risposte non banali, espresse con linguaggio semplice, alle loro domande più comuni, anzi più "normali". Sarebbe un servizio davvero preziosissimo, e certo non soltanto per il mondo digitale.
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