Agroalimentare, l'ora delle scelte
sabato 11 aprile 2009
Le industrie agroalimentari hanno resistito meglio alla crisi generale. Il dato è importante, e deve far pensare in positivo. Secondo quanto elaborato dalla Coldiretti sulla base delle rilevazioni Istat, infatti, quello della trasformazione alimentare è il comparto che ha tenuto di più di fronte al crollo generale della produzione industriale, con un calo contenuto al 4,9%: addirittura inferiore a quello che si è verificato per l'industria farmaceutica (- 6,6%). Numeri quasi d'oro, visto che la media generale dell'industria ha fatto segnare un pesante -23,7% nei dodici mesi fra febbraio 2008 e febbraio 2009.
Stando agli analisti del settore, il comportamento dell'industria alimentare è la conferma della natura anticiclica del settore e del ruolo centrale che lo stesso può assumere in tempi di crisi. Che, detto in altre parole, significa solamente una cosa: i problemi da affrontare non mancano di certo, ma la base anticiclica sembrerebbe esistere davvero. Da risolvere, invece, una serie di distorsioni, nel passaggio degli alimenti dal campo alla tavola, che colpiscono i redditi delle imprese agricole e dei consumatori. È la solita questione " mai risolta per intero " dell'allargamento della forbice fra prezzi all'origine, e prezzi pagati al consumo. Una forbice che, proprio in tempi come questi, rischia di tagliare ulteriormente i redditi a disposizione delle famiglie e, quindi, contribuire ad ampliare la crisi invece che ridurla dando spazio a un aumento della domanda.
Ma come fare? Secondo i coltivatori è semplice, almeno in via teorica. Basta affrontare con decisione i cosiddetti "rapporti di filiera", cioè le relazioni di forza fra produttori agricoli, trasformatori e distributori. Relazioni delicate e pericolose, che possono essere sintetizzate in due numeri proposti ad ogni occasione dagli agricoltori: su 100 centesimi spesi dai consumatori per gli alimentari, in media solamente 17 arrivano ai produttori agricoli e poco più alle industrie di trasformazione. Le ricette da applicare possono essere due. La prima, è quella che prevede un aumento della contrattazione fra i vari attori che intervengono lungo la strada che i prodotti alimentari compiono dal campo alla tavola. Si tratta di un percorso non facile: conflittualità interne ed esterne all'agricoltura e all'agroalimentare, infatti, l'hanno da sempre reso impervio e difficile. La seconda ricetta, invece, è quella che prescrive robuste iniezioni di cooperazione. Da questo punto di vista, è necessario, cioè, riorganizzare le filiere agroalimentari con un forte investimento su consorzi agrari e sulle cooperative che, occorre non dimenticarlo, sono già state il perno attorno al quale è ruotata gran parte della crescita dell'agroalimentare nei decenni passati. Ma, qualsiasi sia la ricetta scelta, occorre applicarla seriamente: la congiuntura difficile fa prevedere tempi lunghi per la ripresa generale dell'economia, e il primato dell'agroalimentare sul resto dell'industria potrebbe presto scomparire.
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