Per il terzo mandato siamo al capolinea

La Repubblica di tutti
June 28, 2025
Dopo il rinvio a settembre del premierato e dalla separazione delle carriere, l’ennesima bocciatura del terzo mandato per i presidenti delle Regioni conferma perentoriamente la frenata del percorso delle riforme istituzionali. Anche l’ipotesi di eliminare – di fatto – il ballottaggio nell’elezione dei sindaci, sembra rallentare il suo cammino. Segnali convergenti che s’intrecciano con altalenanti e contraddittori impulsi al dialogo tra gli schieramenti, in una fase in cui la situazione internazionale tiene tutti con il fiato sospeso. Per premierato e magistratura si tratta soltanto di una pausa. Per il terzo mandato, invece, potremmo essere vicini al capolinea. C’è sicuramente un dato politico forte: nella maggioranza è soltanto la Lega a perorare convintamente la causa del tris e sia la Meloni che la Schlein sono contrarie. La premier ha avuto per un attimo la tentazione di cavalcare la proposta leghista soprattutto per mettere in difficoltà il centro-sinistra in Campania, ma si è capito ben presto che l’apertura al terzo mandato era poco più di un bluff. Al di là dei profili politici, tuttavia, c’è un altro filone da tenere in considerazione nel valutare la sorte della proposta cara a Zaia, Fedriga e compagni “nordisti”. Ed è quello più strettamente giuridico-costituzionale. L’art.122 della Costituzione afferma che il sistema di elezione dei cosiddetti governatori è disciplinato “con legge della Regione nei limiti dei princìpi fondamentali stabiliti con legge della Repubblica”. Questa legge ordinamentale è la 165 del 2004 ed è qui che viene fissato il limite dei due mandati consecutivi per i presidenti di Regione, limite contro cui è andata a infrangersi la legge della Campania in seguito al ricorso presentato dal governo. La questione non si è esaurita perché l’esecutivo, nel frattempo, si è opposto anche alla legge della provincia autonoma di Trento che prevedeva la possibilità di un terzo mandato per il suo presidente. La decisione è attesa per settembre. I pronostici sono negativi perché l’eguaglianza dell’elettorato passivo è un diritto politico fondamentale e il suo rispetto deve essere assicurato in modo uniforme su tutto il territorio nazionale, prevalendo anche sugli statuti di autonomia. Lo ha chiarito in maniera netta nel 2023 la sentenza della Consulta sui sindaci della Sardegna, tant’è vero che il governo non ha potuto evitare di impugnare la legge del Trentino come aveva fatto con quella della Campania, nonostante il dissenso della Lega che in Consiglio dei ministri ha votato contro. Il discorso sui precedenti ci porta però a riflettere sulla portata della giurisprudenza costituzionale su questi temi. Sono stati usati argomenti molto impegnativi al punto da far ipotizzare che sul limite dei tre mandati sia in gioco molto di più che il rispetto della legge 165. Se il divieto del terzo mandato – e qui la Consulta ha chiamato in causa anche la Cassazione e la Corte dei conti – è “funzionale all’esigenza di prevenire il rischio di concentrazione e personalizzazione del potere” ed è un “ponderato contraltare” all’elezione diretta dell’organo di vertice, siamo proprio sicuri che sia sufficiente una piccola modifica testuale a una legge ordinaria per superare un limite così potentemente motivato? È una domanda che per onestà intellettuale è lecito porsi.

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