Parole smarrite
Se ben ricordo, fu proprio nel povero libro di versi su Londra che il signor Kenobi trovò un foglietto con i miei appunti
Se ben ricordo, fu proprio nel povero libro di versi su Londra che il signor Kenobi trovò un foglietto con i miei appunti. Se ne accorse quando già ci eravamo separati e me lo spedì a casa, in una busta che esibiva un francobollo estone con relativa affrancatura. Mi produssi nei ringraziamenti di rito, protestando che non era il caso eccetera. Per quanto ne posso sapere, agli occhi del signor Kenobi l’episodio rimase del tutto trascurabile: aveva trovato qualcosa che mi apparteneva e me lo aveva restituito, nient’altro. Non così per me, che ancora mi arrovello con il mistero di quelle parole scribacchiate in fretta, con una grafia ancora più incerta di quella che abitualmente mi sfugge di mano.
Pur non essendo in grado di decifrare la mia scrittura, avevo deciso di conservare ugualmente quel pezzetto di carta, nella speranza di riuscire un giorno a recuperarne il significato. Uno sgorbio, l’unico che riesco a riconoscere, sembra riferirsi alla National Gallery e quello che segue dovrebbe essere il nome di un’artista o forse il titolo di un’opera. Congetturo che gli altri siano aggettivi, dettati dall’emozione di una scoperta. Più in là di così non arrivo a spingermi. So solamente che quelle parole mi appartengono e so, allo stesso modo, che sono parole inaccessibili, smarrite
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