La gioventù degli altri
Eravamo giovani quando ci siamo incontrati e da lì in poi siamo cresciuti insieme
Eravamo giovani quando ci siamo incontrati e da lì in poi siamo cresciuti insieme. Non si sa mai come scriverla, una frase del genere: dire “invecchiati” parrebbe indelicato, “maturati” saprebbe troppo di ottimismo. Se non altro, crescere si cresce per forza, è un processo biologico. Fino a quando si smette e il corpo si riprende quello che in precedenza aveva elargito con allegra dissennatezza: ci si indebolisce, si diventa fragili. Prima di arrivare a quel punto, la crescita è garantita, o almeno così sembra. Il signor Kenobi e io siamo cresciuti insieme, dunque, ma con differenze non trascurabili. Padre di famiglia io, lui chissà: nulla o quasi conoscendo della sua vita privata, quasi nulla potevo escludere. E anche in quel caso, avrei compiuto una valutazione inesatta.
Posso affermare però che entrambi non abbiamo mai smesso di avere in simpatia le persone giovani, anche quando iniziavano a essere molto più giovani di noi. «Questi adulti che denigrano i giovani e intanto si vestono come loro, li scimmiottano», leggo in un suo messaggio di una decina di anni fa, quando eravamo già oltre i cinquanta. «La mia convinzione – aggiungeva – è che per amare la gioventù degli altri bisogna aver amato la propria quando era il momento. Altrimenti è tutta una rivalsa, una vendetta».
© RIPRODUZIONE RISERVATA


