Non mi arrestarono, ma l’ispettore non era convinto. «Lei si è comportato correttamente – concesse –, però ci sono delle verifiche da fare, metta che da qualche parte sia nascosto un codice, un indizio». Annuii debolmente. «Dobbiamo trattenere il reperto», concluse. La prospettiva non mi rallegrava, ma il meccanismo era avviato e non potevo fare nulla per oppormi. Ci accordammo per risentirci da lì a una settimana, a meno che non intervenisse qualche novità. Stavo per raccomandarmi di trattare bene il libro, quando mi venne il dubbio che in questo modo non avrei fatto altro che amplificare i sospetti su di me, sul signor Kenobi, forse anche sull’incolpevole signor Cogito di Herbert. Tornai a casa abbastanza sconsolato.
Mia moglie, in compenso, era contenta che non fossi finito nei guai. La settimana passò e fui convocato dall’ispettore, che mi riassunse i risultati. In sostanza, non avevano trovato niente, ma avevano effettuato – per ogni evenienza – una scansione del libro e delle carte che conteneva. Mi restituì il volume con tanto di busta e di involucro, che pure erano stati analizzati senza esito. Mi sembrava che la copertina color senape fosse un po’ più sgualcita rispetto a qualche giorno prima. Poco male, mi dissi: l’importante è che il libro sia di nuovo a piede libero.
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