Da allora è passato quasi un anno e non ho più avuto notizie. Né dalla Polizia postale, né dal signor Kenobi. La mia convinzione è che il mio amico abbia assunto un’altra identità. Già con me si era presentato come una persona in parte diversa da quella che era realmente. Non gli sarebbe difficile replicare l’impresa, mi dico. Con la sua conoscenza delle lingue, poi. Con il suo mimetismo naturale. Oltretutto, mi ripeto spesso, se il signor Kenobi fosse morto non potrei non averne percezione. Il nostro legame è analogo a quello tra i gemelli, che vivono a distanza l’uno le emozioni dell’altro.
D’accordo, è una leggenda. Proprio per questo, è indiscutibile. I primi tempi, ogni volta che affiorava un caso di hackeraggio su vasta scala, temevo di essere nuovamente coinvolto, ma non è mai successo e ormai sono persuaso che non succederà mai. Il libro di Herbert adesso è sul mio comodino e quasi non passa sera senza che torni a sfogliarlo. La sua opera è stata l’ultima scoperta che ho fatto da giovane, con l’entusiasmo e la dedizione che solamente la gioventù consente. Per esercitare la memoria, mando a mente qualche citazione, nella speranza di ricordare presto o tardi una poesia intera. Il primo verso che ho imparato è questo: «solo i nostri sogni non sono stati umiliati».
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