Un “Dragon” al fianco dei medici? Ma l’efficienza non è tutto

Uno strumento tecnologicamente efficacissimo di IA promette di sgravare dagli adempimenti più “burocratici”: è il sogno di avere un assistente virtuale in corsia. Ma ci sono diverse controindicazioni. Eccole
November 27, 2025
Un “Dragon” al fianco dei medici? Ma l’efficienza non è tutto
Male doctor with white coat and stethoscope using tablet, network connection in hospital room, Medical technology network concept. High quality photography.
Nel panorama della sanità digitale, la promessa di Microsoft con il suo Dragon Copilot suona come una liberazione: un assistente invisibile che ascolta, trascrive e organizza, permettendo al medico di tornare a guardare negli occhi il paziente anziché fissare uno schermo. La tecnologia “ambientale” che automatizza la documentazione clinica è venduta come l’antidoto definitivo al burnout dei camici bianchi. Tuttavia, grattando sotto la superficie dell’efficienza, emergono sfide etiche che non possiamo permetterci di ignorare.
Il primo nodo cruciale è la precisione e l’allucinazione. Dragon Copilot non è un semplice registratore: è un interprete generativo. Se da un lato la capacità di sintetizzare un’anamnesi complessa è miracolosa, dall’altro introduce il rischio di “allucinazioni” cliniche. Un errore di trascrizione in una chat è fastidioso; in una cartella clinica, dove una negazione (”non ha febbre”) può diventare un’affermazione, è potenzialmente letale. L’etica della responsabilità impone di chiedersi: quando l’IA sbaglia, di chi è la colpa? Del medico che, stremato, ha validato la nota con un clic troppo rapido, o dell’algoritmo opaco che ha frainteso il contesto?
C’è poi la questione insidiosa del bias algoritmico. Gli strumenti di IA apprendono dai dati su cui sono addestrati. Se i dataset storici contengono pregiudizi – ad esempio, una sottostima del dolore in certe minoranze etniche o di genere – Dragon Copilot rischia di cristallizzare questi bias in “verità clinica” standardizzata. Una documentazione automatizzata potrebbe involontariamente perpetuare disuguaglianze sistemiche, offrendo suggerimenti di codifica o riassunti che riflettono statistiche viziate piuttosto che la realtà unica del paziente che si ha di fronte.
Ancora più sottile è l’impatto sulla relazione medico-paziente. Microsoft pubblicizza il ritorno al “tocco umano”, ma c’è il rischio paradossale di un distacco cognitivo. La scrittura della nota clinica è, per molti medici, un momento di sintesi e riflessione critica. Delegare interamente questo processo a un’IA potrebbe erodere quella capacità di elaborazione profonda del caso clinico, trasformando il medico in un mero revisore di bozze. Inoltre, il paziente è davvero consapevole e a suo agio sapendo che un “terzo orecchio” digitale, connesso al cloud, sta processando i suoi segreti più intimi? La privacy non è solo una questione di crittografia (su cui Microsoft offre garanzie), ma di fiducia e consenso informato in un momento di estrema vulnerabilità.
In conclusione, Dragon Copilot rappresenta indubbiamente un salto tecnologico necessario per salvare il tempo dei medici. Ma l’efficienza non è un valore etico assoluto. La vera sfida non sarà tecnologica, ma deontologica: dovremo garantire che l’IA rimanga un “copilota” e non diventi il comandante, assicurando che l’ultima parola – e la piena responsabilità empatica – resti saldamente umana. Accettare l’aiuto della macchina è saggio; fidarsi ciecamente sarebbe un errore clinico.

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