Intelligenza artificiale in classe: l'Europa è in ritardo sulla preparazione degli insegnanti
In meno di tre anni l’intelligenza artificiale ha scalato le gerarchie delle agende scolastiche europee. Ma il vero nodo che determinerà il successo o il fallimento della transizione digitale nella scuola è la formazione del corpo docente

In meno di tre anni l’intelligenza artificiale ha scalato le gerarchie delle agende scolastiche del Vecchio Continente, imponendosi come motore imprescindibile del cambiamento in tredici Paesi, Italia inclusa. È quanto emerge dalla nuova indagine di European Schoolnet, che analizzando ventitré sistemi educativi dell’Unione svela come l’accelerazione impressa da ChatGPT abbia costretto i governi a una corsa normativa senza precedenti.
La spinta di ChatGPT e la risposta normativa. Intelligenza artificiale e insegnamento: è arrivata nei giorni scorsi la fotografia scattata da European Schoolnet, un'indagine capillare che ha coinvolto i ventitré sistemi educativi dei paesi membri dell’unione europea. L’ente di ricerca ha pubblicato un rapporto di 48 pagine che traccia lo stato dell’arte dell’adozione dell’Ai nelle strutture scolastiche del vecchio continente. Lo scenario è radicalmente mutato rispetto al rilievo precedente (2021), infatti quella che pochi anni fa era considerata una curiosità per pochi pionieri è oggi una priorità politica assoluta per tredici paesi membri, tra cui Francia, Italia e Norvegia, mentre nessun paese la considera più un tema marginale. La spinta verso l'adozione dell’Ai nei processi di apprendimento è dettata prima di tutto da una motivazione pragmatica che vede nel miglioramento dell'insegnamento e dell'apprendimento il motore principale, citato da ben ventuno paesi su ventitré. L'accelerazione impressa dal lancio di ChatGPT e dalla conseguente diffusione dell'Ai generativa ha costretto i decisori politici a passare rapidamente dalla teoria alla regolamentazione pratica. La risposta istituzionale si è concretizzata in una corsa alla definizione di strategie nazionali: venti sistemi educativi dispongono oggi di politiche o linee guida specifiche che tentano di bilanciare le opportunità didattiche con la tutela dei dati e l'etica.
Questo sforzo normativo si intreccia inevitabilmente con l'AI Act dell'Unione Europea, la prima legge al mondo in materia, che classifica l'istruzione come un settore ad alto rischio; una classificazione che ha spinto quindici paesi ad avviare un processo di revisione delle proprie direttive per allinearsi ai nuovi standard di sicurezza e trasparenza. Sul fronte didattico, l'alfabetizzazione all'intelligenza artificiale sta entrando nelle aule, ma raramente come materia a sé stante: solo Croazia e Svezia la prevedono come disciplina autonoma, mentre la tendenza prevalente è quella di un approccio trasversale o integrato in moduli di competenza digitale, specialmente nell'istruzione secondaria. Paesi come la Repubblica Ceca e la Finlandia hanno scelto di incorporare l'Ai direttamente nel contesto di competenza digitale obbligatoria, intrecciandola con tutte le materie piuttosto che isolarla.

Oltre la burocrazia: efficienza e inclusione in aula. Tuttavia, l'integrazione curricolare rimane eterogenea: sebbene l'alfabetizzazione all'Ai sia presente in tutti i sistemi, essa viene raramente trattata come materia autonoma, preferendo un approccio trasversale o l'inserimento all'interno delle competenze digitali e informatiche. Il documento evidenzia come l'Ai venga percepita come un alleato strategico per il corpo docente, capace di migliorare l'efficienza nella pianificazione delle lezioni e nella correzione, alleggerendo così un carico di lavoro considerevole. Non meno importante è il potenziale inclusivo: l'uso di questi strumenti è percepito come una chiave per supportare l'accessibilità e garantire un'istruzione più equa, adattando i percorsi formativi alle diverse necessità degli studenti. Inoltre, i benefici si estendono alla struttura stessa della scuola, promettendo di ottimizzare i processi amministrativi e gestionali, liberando risorse preziose da reinvestire nella didattica.
Il fattore umano: l'urgenza delle competenze. In questo complesso mosaico di riforme e intenzioni, il vero nodo che determinerà il successo o il fallimento della transizione digitale del mondo della scuola è la formazione del corpo docente, un tema su cui il rapporto si sofferma con particolare attenzione. La preparazione degli insegnanti è stata universalmente indicata come una delle preoccupazioni più pressanti, citata da tutti i ventitré paesi coinvolti, superando persino i timori legati ai bias algoritmici. La consapevolezza che l'innovazione non possa prescindere dal fattore umano ha reso lo sviluppo professionale la priorità numero uno a breve e medio termine per quasi la totalità dei paesi del vecchio continente. Le strategie messe in campo per colmare questo divario di competenze mostrano un ecosistema formativo in rapida evoluzione, dove il confine tra pubblico e privato si fa sempre più labile: se i Ministeri dell'Istruzione mantengono il ruolo di registi principali, in sedici sistemi scolastici sono le aziende di tecnologia educativa (EdTech) a fornire direttamente il training necessario.
Le soluzioni europee e il gap universitario. Le iniziative formative spaziano da approcci strutturali a soluzioni più flessibili e mirate: la Slovacchia, ad esempio, ha istituzionalizzato la figura del coordinatore digitale scolastico, supportato dal progetto nazionale "DiTEdu", per fornire una guida esperta all'interno degli istituti e facilitare l'uso di strumenti avanzati di intelligenza artificiale. In Grecia, una partnership pubblico-privata sta introducendo ChatGPT Edu in scuole pilota per potenziarne l'uso critico, mentre in Slovenia il progetto "GEN-UI" punta a creare scenari didattici concreti per l'uso dell'IA generativa. In Lituania, invece, la formazione assume i tratti di una partnership globale con il programma "Experience AI", sviluppato in collaborazione con Google DeepMind e la Raspberry Pi Foundation, che offre ai docenti non solo corsi accreditati ma anche l'accesso a strumenti didattici d'avanguardia per le classi. Altrove, come nelle Fiandre belghe, si sperimentano format intensivi come i bootcamp sull'intelligenza artificiale, destinati a dirigenti e gruppi selezionati di insegnanti per creare nuclei di competenza diffusa. Nonostante l'abbondanza di webinar e corsi online, resta però evidente una frattura tra la formazione continua, ampiamente diffusa, e la formazione iniziale universitaria, che in molti paesi non è ancora coordinata a livello sistemico per includere l'Ai come elemento fondante della pedagogia moderna. La criticità che le scuole dovranno affrontare, quindi, non risiederà più nella disponibilità della tecnologia (come è avvenuto, per esempio, con l’introduzione dell’informatica nella scuola) ma nella capacità di formare educatori in grado di governarla, instaurando una pratica didattica quotidiana e consapevole.
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