lunedì 6 maggio 2019
Dopo la visita al centro profughi "Vrazhdebna", il Papa ha celebrato la Messa con le Prime Comunioni a 245 bambini provenienti da tutte le parrocchie del Paese. "La nostra legge è l'amore"
Papa Francesco: migranti, croce dell'umanità
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La cerimonia è suggestiva. Nell’edificio si sono 245 bambini e bambine in tunica bianca con i loro familiari. Le bimbe hanno anche una coroncina di fiori bianchi. Tutti emozionatissimi. Fuori i fedeli sono oltre 10mila. “Voi, cari bambini, care bambine, siete venuti qui da ogni angolo di questa ’Terra delle rose’ per partecipare a una festa meravigliosa, - dice il Pontefice nell’omelia - che sono sicuro non dimenticherete mai: il vostro primo incontro con Gesù nel sacramento dell’Eucaristia". “Ora – prosegue - Gesù è vivo, è qui con noi, perciò oggi lo possiamo incontrare nell’Eucaristia. Non lo vediamo con questi occhi, ma lo vediamo con gli occhi della fede". Papa Francesco ricorda che “la nostra carta di identità e questa: Dio è nostro Padre, Gesù è nostro Fratello, la Chiesa è la nostra famiglia, noi siamo fratelli, la nostra legge è l’amore". (IL TESTO)

E incoraggia i comunicandi "a pregare sempre con quell’entusiasmo e quella gioia che avete oggi”. “E ricordate – conclude -che questo è il sacramento della Prima Comunione ma non dell’ultima comunione, oggi ricordatevi che Gesù vi aspetta sempre". Al termine dell’omelia il Papa a braccio tiene una breve catechesi a domanda e risposta. E poi è lui stesso a dare la prima comunione a ciascuno dei bimbi.

È la prima volta che lo fa durante un viaggio apostolico. Prima di distribuirla, sempre a braccio, li invita al silenzio a pensare ai genitori e ai nonni, ai catechisti e ai sacerdoti, e a perdonare le persone con cui hanno eventualmente litigato. Al termine della messa, che si conclude tra gli applausi dei bimbi con una cascata di petali di rose dal cielo della chiesa, il Papa si ferma a pranzo nel Convento delle suore francescane.

Subito dopo è previsto l’incontro con la comunità cattolica sempre nella chiesa di San Michele. Poi il rientro a Sofia dove partecipa all’incontro per la pace con esponenti di varie confessioni religiose in piazza Nezavisimost.


LA VISITA AL CENTRO DI ACCOGLIENZA: «I PROFUGHI SONO UNA CROCE DELL'UMANITÀ, SONO PERSONE CHE SOFFRONO» (di Ilaria Solaini)
Una volta lasciata la Nunziatura Apostolica di Sofia, papa Francesco si era trasferito in auto al centro profughi "Vrazhdebna" nella periferia della capitale bulgara. Al suo arrivo, alle ore 8.25 (7.25 ora di Roma), il Papa era stato accolto dal direttore del Centro e dal direttore della Caritas all'ingresso principale della struttura, un ex edificio scolastico adibito a centro di accoglienza profughi. Quindi si era recato nel refettorio dove si trovavano riunite circa 50 persone tra genitori e bambini. I bambini presenti nel Centro provengono da Siria e Iraq.
Dopo il breve saluto di una volontaria, il canto eseguito dai bambini e il dono dei disegni dei piccoli al Papa, il Pontefice ha salutato le famiglie accolte nel Centro e rivolto loro alcune parole: "Oggi il mondo dei migranti e dei rifugiati è un po' una croce, una croce dell'umanità, e la croce è tanta gente che soffre". (IL TESTO)

Il centro, rimasto temporaneamente chiuso per lavori di ristrutturazione, è stato riaperto due mesi fa. Vi viene attuato un progetto di Caritas Bulgaria per i bambini dal titolo "Giochiamo e impariamo". Attualmente ospita almeno 45 bambini. Anche tra gli operatori e volontari Caritas ci sono immigrati: il Papa, ad esempio, ha conversato, con una donna afghana che è in Bulgaria da cinque anni e la cui famiglia si trova negli Stati Uniti. Presente all'incontro anche una donna irachena con sette figli e il marito ammalato. Un altro rifugiato presente è un uomo privo di documenti, con la moglie e una figlia di due anni nata in Bulgaria. Il programma in atto al momento nel Centro coinvolge circa 20-25 famiglie. Il 42enne Taha Saber Ismael, padre di sei figli, curdo iracheno di Mosul, ha preparato una lettera in inglese per il Papa chiedendo aiuto per la sua famiglia che si trova in Bulgaria da tre anni. Varie le testimonianze lette in arabo. Presenti anche alcuni rifugiati anche dal Pakistan.

Papa Francesco, molto applaudito al suo arrivo, ha salutato tutti i presenti, uno per uno e ha impartito la benedizione. "Noi, volontari della Caritas, siamo molto lieti di accoglierla qui in Sofia, tra coloro di cui abbiamo cura, a nome della Chiesa Cattolica - ha detto Silsila Mahbub nella sua testimonianza -. Seguendo i Suoi appelli di essere vicini ai più vulnerabili, diamo una mano alle persone che hanno scelto la nostra Bulgaria, per un soggiorno che potrebbe essere temporaneo o permanente, alla ricerca di una vita migliore".

"Qui, in Bulgaria, abbiamo realizzato il programma Share the journey, promosso da Lei - ha proseguito -. In questo centro di accoglienza, con l'aiuto dei colleghi dell'Agenzia statale per i Profughi, assieme a Catholic Relief Services e all'Unicef, abbiamo dato vita a delle iniziative e delle attività che vogliono essere di aiuto alle persone che desiderano integrarsi nella società bulgara". "Noi, volontari - ha aggiunto -, li aiutiamo a capire il nostro ambiente culturale, gli presentiamo i nostri valori, facciamo delle gite, organizziamo delle lezioni per apprendere il bulgaro e l'inglese. Anche lo sport e la danza trovano posto nel nostro programma. Organizziamo degli atelier art, a cui i migranti partecipano con piacere, specialmente le donne e i bambini".

La volontaria ha riferito anche che "durante la crisi migratoria del 2015 abbiamo dato anche un contributo finanziario. Questo è un Centro con accesso libero, perciò i migranti possono uscire in città. Essi hanno la possibilità di visitare il nostro Centro di integrazione della Caritas, che si chiama Sant'Anna. Lì, abbiamo le stesse attività per poter avere accesso ai servizi sanitari o sociali e per trovare un lavoro". "Nei nostri incontri di volontari invitiamo a parteciparvi molte altre che hanno una grande voglia di diventare amici dei migranti - ha aggiunto -. Santo Padre, per noi tutti gli uomini e le donne sono dei figli di Dio, indipendentemente dalla loro razza o confessione religiosa. Noi cattolici vogliamo fare loro sperimentare, in modo concreto, l'amore di Dio. Tra i nostri collaboratori ci sono numerosi migranti di religione musulmana. Siamo persone di diverse confessioni e siamo orgogliosi di fare parte della grande famiglia della Caritas. Ci impegniamo a diffondere l'amore misericordioso di Dio ai fratelli".

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