giovedì 13 ottobre 2022
L'udienza ai media del Pontificio Istituto Missioni Estere (Pime): "Le distanze si sono accorciate è vero ma le dogane ideologiche si sono moltiplicate"
papa Francesco

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Papa Francesco lancia di un nuovo un appello a ricordare le tante, troppe, guerre «dimenticate», che non trovano spazio nei mass media. Lo fa ricevendo in udienza in Vaticano i redattori e collaboratori della rivista Mondo e Missione del Pontificio Istituto missioni estere (Pime) nel 150° anniversario della fondazione. «Essere voce dei senza voce è un compito primario della rivista, – afferma il Pontefice – come di altre iniziative che il Pime ha promosso nel campo della comunicazione», come «l’agenzia AsiaNews». Tutti modi per raccontare il mondo «mettendosi dalla parte di chi non ha diritto di parola o non viene ascoltato, dei più poveri, delle minoranze oppresse, delle vittime di guerre dimenticate». «Questo lo voglio sottolineare: le guerre dimenticate», aggiunge a braccio il Papa. E prosegue: «Oggi tutti siamo preoccupati, ed è buono che sia così, di una guerra qui in Europa, alla porta dell’Europa e in Europa, ma da anni ci sono guerre: più di dieci anni in Siria, pensate allo Yemen, pensate al Myanmar, pensate in Africa. Queste non entrano, non sono dall’Europa colta… Le guerre dimenticate sono un peccato, dimenticarle così».

Francesco ricorda che la rivista Mondo e Missione si chiamava alla nascita Le Missioni Cattoliche e la sua “culla” fu il Seminario lombardo per le missioni estere, e il suo modello Les Missions Catholiques che l’Opera della propagazione della fede aveva cominciato a pubblicare quattro anni prima a Lione. «Ci colpisce – sottolinea il Papa – l’attualità, la modernità, l’orizzonte di quella iniziativa, che fin dall’inizio esprime e promuove una Chiesa “in uscita”». Perché «quando si è in uscita si rimane giovani», e «se tu stai seduto lì, senza andare, invecchi presto!».

Francesco sottolinea che la rivista nacque «per rispondere a un’esigenza del popolo di Dio: tanti volevano leggere le storie dei missionari – eroiche! –, sentirsi vicini a loro e alle loro opere, accompagnarli con la preghiera». Fin dall’inizio «fu portatrice di uno sguardo ampio, aperto alle ricchezze di ogni popolo e di ogni Chiesa locale». E questa «resta ancora oggi la vocazione di Mondo e Missione, come venne “ribattezzata” nel 1969, per assumere lo spirito e gli insegnamenti del Concilio Vaticano II riguardo alla missione ad gentes». Il Papa riconosce che ancora oggi «i reportage e le testimonianze dirette rappresentano la caratteristica più propria della rivista, grazie a racconti da luoghi o situazioni di cui pochi altri parlano». Da «periferie geografiche ed esistenziali che, in un mondo dove la comunicazione apparentemente ha accorciato le distanze, continuano però a rimanere relegate ai margini». Infatti «le distanze si sono accorciate, è vero, ma le “dogane” ideologiche si sono moltiplicate».

Come rivista missionaria, evidenzia poi il Pontefice, Mondo e Missione ha però anche «un altro compito specifico» che la caratterizza, quello «di aiutare a riconoscere la missione è al centro». Quello di «riconoscere che la missione è al centro», rimarca. Quello di «ricordare alle comunità cristiane che se guardano solo a sé stesse, perdendo il coraggio di uscire e portare a tutti la parola di Gesù, finiscono per spegnersi». Quello di «mostrare come il Vangelo, incontrando popoli e culture diverse, ci viene riconsegnato ogni giorno nella sua novità e freschezza».

Creando «dialogo e amicizia anche con chi professa altre religioni, riconoscendosi figli dell’unico Padre». Perché «la realtà si vede meglio dalle periferie». Infatti in quelle che continuano a essere considerate “periferie”, «ai missionari è capitato spesso di scoprire che lo Spirito Santo era arrivato prima di loro». Così «chi era partito per evangelizzare, si è trovato il più delle volte a ricevere una Buona Notizia». Così i missionari di ieri e di oggi «incontrano spesso la gioia e la vita nuova che il Vangelo è capace di generare». E «un’esperienza così non è possibile tenerla per sé». In questo senso, conclude Francesco, «diventa sempre più importante dare voce a Chiese giovani e in crescita, a comunità – fondate a volte dal Pime – che oggi esprimono dinamiche nuove e promettenti, docili allo Spirito».

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