
Leone XIV con il cardinale Ladislav Nemet, arcivescovo di Belgrado - Vatican Media-Arcidiocesi di Belgrado
«Resto convinto che, senza un dialogo con la Russia, non si potrà arrivare a una pace autentica e duratura, come l’ha definita Leone XIV». Il cardinale Ladislav Nemet declina nel concreto l’intuizione del nuovo Papa che chiede di impegnarsi perché «i nemici si incontrino e si guardino negli occhi» e che ha già fatto della Santa Sede un crocevia diplomatico e negoziale. È il porporato che guida l’arcidiocesi di Belgrado e che nelle Congregazioni generali e poi nel Conclave ha portato la sensibilità di un “globetrotter” in cui la sua esperienza internazionale maturata nella Società del Verbo Divino si coniuga con lo sguardo attento all’Est Europa. La Serbia, sua terra d’origine, ha uno storico legame con Mosca che ha ripercussioni sulla politica, sulla società, sulla vita ecclesiale. «La Russia - racconta il cardinale ad Avvenire - è un grande Paese e custodisce una straordinaria cultura. Non si può prescindere da tutto questo. Ciò non significa approvare certe condotte dei suoi leader o dire che tutte le azioni compiute siano giuste. Ma siamo chiamati a trovare punti d’incontro. E il più urgente è fermare una guerra fratricida, quella fra Russia e Ucraina, che coinvolge due nazioni cristiane».
.jpg)
Il cardinale Ladislav Nemet, arcivescovo di Belgrado - Arcidiocesi di Belgrado
Sessantotto anni, Nemet parla sette lingue ed è stato nelle Filippine e in Ungheria, in Italia e in Austria, prima di tornare da vescovo in Serbia. Cardinale dal 2024, condivide con il Papa due tratti: è un religioso ed è stato missionario. «Il Collegio cardinalizio che ha eletto Leone XIV intende essere al suo fianco - spiega -. Quando il Pontefice ha incontrato noi cardinali il giorno dopo la fumata bianca, ha detto che conta sul nostro aiuto, che intende ascoltare i nostri suggerimenti e che è disponibile a incontrarci più spesso. In fondo è compito dei cardinali quello di “collaborare assiduamente” con il Papa. Ciò può avvenire sia con incontri collegiali in presenza a Roma, sia con incontri telematici che possono facilitare il dialogo e che noi abbiamo proposto. Lo stesso papa Leone ha chiarito che vuole avvalersi di un così ampio spettro di vedute come quelle che sono presenti all’interno dell’attuale Collegio cardinalizio, mai così rappresentativo del mondo e della ricchezza della Chiesa».
Eminenza, c’è chi sosteneva che un Collegio tanto multiforme e con berrette che non si conoscevano fosse in difficoltà a fare sintesi. Invece il Papa è stato eletto in ventiquattro ore.
«Sia nelle Congregazioni generali, sia nel Conclave non abbiamo mai detto: “Dobbiamo fare in fretta”. Al contrario, il proposito era di trovare la figura migliore che potesse guidare la Chiesa e far dialogare la comunità ecclesiale con il mondo. Le Congregazioni generali, in tutto dodici, sono state un tempo prezioso per conoscerci. E anche intorno a una tavola, durante le cene, ci siamo scambiati opinioni e idee. Del resto la Chiesa è chiamata a continuare la missione di Cristo, ma deve farlo con parole e gesti che siano comprensibili alla gente di oggi, senza impuntarsi su un vocabolario ormai superato. L’annuncio del Vangelo implica anche la lotta alle fake news e ai populismi che racchiudono la complessità in messaggi brevi ma fuorvianti».

Leone XIV con il cardinale Ladislav Nemet, arcivescovo di Belgrado, in una cena dopo l'elezione - Vatican Media-Arcidiocesi di Belgrado
Come sarà il pontificato di Leone XIV?
«Sarà un pontificato che mostrerà l’amore di Dio per l’umanità. Ma anche un pontificato nel segno dell’unità della Chiesa. Unità che non è sinonimo di uniformità, come avevo avuto modo di discutere con l’allora cardinale Prevost durante le due sessioni del Sinodo sulla sinodalità. Inoltre sarà un pontificato capace di incontrare le donne e gli uomini di buona volontà».
Il Papa e lei siete stati missionari. Come l’esperienza missionaria potrà aiutarlo nel ministero petrino?
«Gli anni di missione consentono di toccare con mano la varietà di culture, storie, etnie che sono presenti nel mondo e di capire come il rispetto delle diversità sia imprescindibile. È il Signore ad aver voluto queste differenze e Dio ama ciascuno allo stesso modo. Non possiamo essere noi a fare gerarchie. Anzi, è nostro compito valorizzare le differenze».
Un nuovo Papa appartenente a un ordine religioso. Francesco gesuita; Leone XIV agostiniano.
«Gli agostiniani, come noi verbiti che in questo 2025 celebriamo i 150 anni di fondazione, hanno un respiro internazionale che aiuta ad allargare gli orizzonti. Poi la vita religiosa facilita un approccio condiviso agli incarichi di responsabilità. Ogni superiore ha al suo fianco alcuni consiglieri che hanno un peso di tutto rispetto. Spero che anche papa Leone ricorra a un gruppo di consiglieri. Il C9, il Consiglio dei cardinali voluto da papa Francesco, è stato un progetto interessante, ma va migliorato e deve assumere maggiore rilievo».
Nell’ex Jugoslavia le tensioni possono riaccendersi. Come vede gli appelli alla pace di Leone XIV?
«L’impegno per la pace è una sfida cruciale. Se penso alla Serbia, dico che la pace passa dal dialogo e dalle parole di riconciliazione. Quando leggo i giornali del mio Paese o vedo quanto succede per strada, mi domando: ma perché non parliamo insieme, invece di dividerci? Aggiungo che la pace non si costruisce in un contesto autoritario, dove il potere è in mano a pochi e dove il controllo dei media condiziona l’opinione pubblica».

Il cardinale Ladislav Nemet, arcivescovo di Belgrado, con le autorità serbe durante la Messa di inizio pontificato - Vatican Media-Arcidiocesi di Belgrado
Il Papa chiede ponti di dialogo. Vale anche con le altre confessioni cristiane. Quali indicazioni per la Serbia dove la Chiesa ortodossa ha un ruolo molto forte?
«La Chiesa cattolica non può rinunciare al dialogo con le Chiese ortodosse, compreso il patriarcato di Mosca. In Serbia la comunità cattolica è una minoranza. E preferisco parlare di dialogo piuttosto che di ecumenismo. Al centro va posta una coesistenza pacifica dove carità e rispetto vadano di pari passo. Bisogna essere sinceri: siamo divisi da mille anni. E la storia ci consegna una cristianità a due polmoni: uno orientale e uno occidentale. Anche se i risultati non si vedono ancora, il percorso di avvicinamento deve andare avanti».
Ma ci sarà una visita del Papa in Serbia?
«La decisione dipende dalle autorità di Belgrado ma anche da un accordo con Mosca e con la Chiesa ortodossa, inclusa quella di Mosca. Comunque il cardinale Prevost era venuto nella capitale a giugno dello scorso anno per l’assemblea plenaria del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa. E, dopo la sua elezione al soglio pontificio, i giornali lo hanno presentato come il Pontefice che aveva già visitato la Serbia. È interessante che la gente chieda di poter avere una visita di papa Leone che sarebbe importante non solo per i cattolici ma per l’intero Paese».

La visita del cardinale Robert Prevost a Belgrado nel 2024 - Arcidiocesi di Belgrado
Nell’ex Jugoslavia non si può prescindere dalla presenza musulmana.
«Il cammino compiuto durante il pontificato di Francesco è stato significativo: cito il Documento di Abu Dhabi sulla fratellanza umana e l’enciclica Fratelli tutti. Nell’omelia della Messa di inizio pontificato, Leone XIV ha menzionato l’importanza delle religioni. Sono persuaso che si proseguirà sulla strada tracciata da Francesco, anche se Leone XIV avrà un suo personale stile».
Il Papa ha parlato di collegialità e sinodalità. C’è chi teme una sinodalità “spinta”. Il suo giudizio?
«È una svolta che va continuata. Vedo la sinodalità come un neonato che all’inizio porta un po’ di caos ma che va fatto crescere. Il primato petrino, la collegialità episcopale e la sinodalità sono tre dimensioni che non contrastano. Lo slancio che ha impresso papa Francesco mette al centro il popolo di Dio: esso va ascoltato e non è più soltanto un destinatario ecclesiale. Certo, alcuni aspetti della sinodalità vanno chiariti. Il Sinodo dei vescovi deve restare tale. Però è interessante la proposta di un’Assemblea ecclesiale nel 2028 contenuta nella lettera del 15 marzo della segreteria generale del Sinodo. È una forma nuova e diversa rispetto al Sinodo: c’è stata quella ben riuscita del continente latinoamericano nel 2021. Certi timori sono comprensibili. Tuttavia non penso che l’ascolto del popolo di Dio metta in pericolo la mia dignità di vescovo che è legata all’ordinazione episcopale».
E il ruolo delle donne?
«Papa Leone ha già salutato più volte le donne nei suoi interventi. Segno della consapevolezza che ha del loro ruolo all’interno della Chiesa. Su questo tema penso che occorra procedere a velocità diverse nella Chiesa: in Germania, ad esempio, la velocità può essere più sostenuta; nei Paesi africani o in Paesi a maggioranza ortodossa, come il mio, dove le donne non hanno alcun incarico in ambito ecclesiale, serve agire con maggiore cautela. Invece sono favorevole alla reintroduzione del diaconato femminile che era già una prassi ecclesiale e che esiste in diverse forme nella Chiesa orientale. È un bene per la Chiesa che le donne abbiano spazio anche nella liturgia e non solo».