sabato 30 novembre 2019
Questa domenica Francesco sarà a Greccio dove firmerà una Lettera apostolica dedicata all'invenzione francescana del Natale 1223
San Francesco davanti al Bambino Gesù

San Francesco davanti al Bambino Gesù

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Quella che san Francesco fece a Greccio, quella notte di Natale del 1223, fu una novità sconvolgente. Lo dice senza mezzi termini lo storico Marco Bartoli, tra i maggiori francescanisti italiani. «Si pensa che fece una specie di sacra rappresentazione, un qualcosa di teatrale… Non è così: fece celebrare una Messa dentro una stalla».

Cosa impensabile in quei tempi: un’Eucaristia tra il fieno, un asino e un bue. Eppure le fonti parlano chiaro, ribadisce il professor Bartoli, docente di Storia medievale alla Lumsa e di Storia del francescanesimo all’Antonianum: «Il primo biografo, Tommaso da Celano, riferisce come Francesco volle “fare memoria di quel Bambino che è nato a Betlemme, e in qualche modo intravedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neonato; come fu adagiato in una mangiatoia e come giaceva sul fieno tra il bue e l’asinello”» cioè rendere presente un evento vivo: un bambino che nasce in mezzo alle bestie.

Nulla di eretico, perché il Poverello di Assisi non fa altro che sottolineare «come Dio ha accettato di farsi bambino, di spogliarsi, di farsi piccolo, in mezzo alla povertà, alla piccolezza umana».

È da sottolineare, per Bartoli, questa insistenza sul “bambino”: «Non usa il termine latino puer, ma proprio la parola “bambino”. Questo ci fa pensare che Francesco predicò in volgare, usando questa parola nuova che nel latino non c’era. Anche foneticamente, la parola “bambino” ci richiama il belato delle pecore. Un termine nato nel volgare medievale, come un balbettio degli stessi bimbi…».

A Greccio, da cui oggi il primo Pontefice della storia che ha scelto di chiamarsi col nome del santo di Assisi lancia il richiamo spirituale al valore del presepio, c’è tutta l’autenticità dell’intuizione di frate Francesco: la nuda semplicità della Natività rievocata. Ne nascerà una tradizione che poi si vestirà di altro, come quella del presepio napoletano. Per Bartoli «anche questa ha la sua importanza, con lo sviluppo che si esprime nella tradizione napoletana tra Cinquecento e Seicento, perché pone la nascita di Gesù in mezzo alla vita di quell’epoca, e dunque il concetto è sempre che Cristo nasce nella vita comune».

Ma lo spirito originario dell’intuizione francescana del presepio è proprio quello di «un bambino che nasce povero, in mezzo a tanti disagi». Un’attenzione che è anch’essa una novità, spiega il professore, «poiché nel Medioevo non esisteva questa centralità dei bambini cui oggi siamo abituati: i bambini erano poco considerati», eppure Francesco sceglie di dar vita a una tradizione grande, che si esprimerà poi nella «grande devozione dei francescani verso Gesù Bambino (si pensi al Bambino dell’Ara Cœli): ma quel Bambino di Betlemme riassume in sé i disagi e le sofferenze di tanti bambini di ogni tempo e di ogni luogo».

Un mettere in evidenza la logica dell’incarnazione, di un Dio che si fa vicino all’uomo, che emerge anche da un altro particolare che Bartoli tiene a ricordare: «Francesco, componendo dei salmi che attingevano a diversi versetti salmici della Bibbia, elaborò un proprio Ufficio di preghiere, che si aggiungevano a quelle canoniche, a partire dalla Settimana Santa, e quindi anche un Ufficio per il Natale. Ebbene, in esso ci tiene a dire come il Signore nacque “in via”, cioè sulla strada: dunque nella vita di ogni giorno, nelle sue sofferenze e quotidianità».

Al professore, impegnato anche nella Comunità di Sant’Egidio, non esitiamo allora a chiedere un commento su una certa tendenza a brandire il presepio come un simbolo identitario, quasi in senso “sovranista”: "È esattamente il contrario del senso evangelico del presepio che a Francesco stava a cuore: Cristo è in ogni bambino che soffre da profugo, da perseguitato, da rifiutato". Magari su un barcone.

La giornata di domenica 1 dicembre

Una visita breve quella del Papa a Greccio, ma dal significato profondo. Francesco decolla in elicottero oggi alle 15.15 in Vaticano per arrivare mezz’ora più tardi nel Santuario del Reatino dove sarà accolto dal vescovo di Rieti monsignor Domenico Pompili e dal frate guardiano del santuario padre Francesco Rossi. Il programma prevede un momento di preghiera, la firma della Lettera sul presepio e, alle 17, l’Eucaristia. Quindi il Papa farà rientro in Vaticano.

Come si ricorderà è stato lo stesso Bergoglio ad annunciare la visita, mercoledì scorso al termine dell’udienza generale. «Domenica prossima – sono le parole del Pontefice – mi recherò a Greccio per pregare nel posto del primo presepio che ha fatto San Francesco d’Assisi e per inviare a tutto il popolo credente una lettera per capire il significato del presepio». Papa Francesco si è già recato a Greccio il 4 gennaio 2016 dove, prima di raggiungere il santuario, aveva incontrato i giovani partecipanti a un meeting diocesabio sulla Laudato si’.


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