giovedì 6 gennaio 2022
“Il cuore si ammala quando i desideri coincidono solo con i bisogni”, il monito di Francesco: “Dio, invece, eleva i desideri; li purifica, li guarisce, risanandoli dall’egoismo e aprendoci all’amore"
Papa Francesco nella Messa dell'Epifania

Papa Francesco nella Messa dell'Epifania - Ansa

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No alla “dittatura dei bisogni” e alla “tristezza di una vita piatta”. Così papa Francesco, nell’omelia della Messa per l’Epifania, presieduta nella Basilica di San Pietro.

IL TESTO

La Chiesa celebra oggi l’Epifania del Signore, il giorno cioè della sua manifestazione al mondo tramite la testimonianza di tre personaggi che alla grotta di Betlemme arrivano da lontano.

Nell’omelia alla Messa nella Basilica vaticana, papa Francesco si lascia interrogare dai magi, sapienti e astrologi, e sollecita tutti noi a porci domande a partire da quel loro pellegrinaggio verso Gesù, sotto la guida della stella.

A concelebrare con Francesco sono 21 cardinali, 19 vescovi, circa 150 sacerdoti. Ridotto, invece, a causa della pandemia, il numero dei fedeli presenti.

Che cosa ha spinto “questi uomini d’Oriente a mettersi in viaggio?” Potevano starsene tranquilli nelle loro sicurezze, afferma il Papa, “invece si lasciano inquietare da una domanda e da un segno” nel cielo: “Dov’è colui che è nato?".

Il loro cuore non si lascia intorpidire nella tana dell’apatia, ma è assetato di luce; non si trascina stanco nella pigrizia, ma è acceso dalla nostalgia di nuovi orizzonti. I loro occhi non sono rivolti alla terra, ma sono finestre aperte sul cielo. Come ha affermato Benedetto XVI, erano “uomini dal cuore inquieto. […] Uomini in attesa, che non si accontentavano del loro reddito assicurato e della loro posizione sociale […]. Erano ricercatori di Dio”.

Il loro segreto, prosegue Francesco, è il desiderio. Desiderare significa infatti “cercare oltre l’immediato, oltre il visibile”.

È accogliere la vita come un mistero che ci supera, come una fessura sempre aperta che invita a guardare oltre, perché la vita non è “tutta qui”, è anche “altrove”. È come una tela bianca che ha bisogno di ricevere colore. Proprio un grande pittore, Van Gogh, scriveva che il bisogno di Dio lo spingeva a uscire di notte per dipingere le stelle. Sì, perché Dio ci ha fatti così: impastati di desiderio. Così ci ha fatti Dio: impastati di desiderio; orientati, come i magi, verso le stelle.

Sono i desideri, dice ancora il Papa, a farci andare oltre le abitudini consolidate, “oltre una fede ripetitiva e stanca”. Il nostro viaggio della vita e della fede ha bisogno di desiderio, “di slancio interiore”. E si domanda:

Non siamo da troppo tempo bloccati, parcheggiati dentro una religione convenzionale, esteriore, formale, che non scalda più il cuore e non cambia la vita? Le nostre parole e i nostri riti innescano nel cuore della gente il desiderio di muoversi incontro a Dio oppure sono “lingua morta”, che parla solo di sé stessa e a sé stessa?

L’analisi di Papa Francesco non fa sconti quando descrive tanti di noi e tante nostre comunità alle prese con la crisi della fede dovuta alla “scomparsa del desiderio di Dio”.

Ci siamo ripiegati troppo sulle mappe della terra e ci siamo scordati di alzare lo sguardo verso il Cielo; siamo sazi di tante cose, ma privi della nostalgia di ciò che ci manca. Nostalgia di Dio... Ci siamo fissati sui bisogni, su ciò che mangeremo e di cui ci vestiremo, lasciando evaporare l’anelito per ciò che va oltre. E ci troviamo nella bulimia di comunità che hanno tutto e spesso non sentono più niente nel cuore. Persone chiuse, comunità chiuse, vescovi chiusi, preti chiusi, consacrati chiusi perché la mancanza di desiderio porta alla tristezza, e all’indifferenza. Comunità tristi. Preti tristi. Vescovi tristi.

Il Papa suggerisce a ciascuno di noi di interrogarsi oggi, chiedendosi come va "il viaggio della nostra fede". E di andare dai magi per imparare “ad alimentare il desiderio”. Da loro possiamo trarre alcuni insegnamenti.

Essi in primo luogo partono al sorgere della stella: ci insegnano che bisogna sempre ripartire ogni giorno, nella vita come nella fede, perché la fede non è un’armatura che ingessa, ma un viaggio affascinante, un movimento continuo e inquieto, sempre alla ricerca di Dio, sempre con il discernimento, in quel cammino.

I magi, poi, chiedono dov’è il Bambino Gesù. E’ necessario, infatti, porsi degli interrogativi e ascoltare le domande che Dio e le persone del nostro tempo ci rivolgono. I magi ci insegnano ad aver una fede coraggiosa che non ha “paura di sfidare le logiche oscure del potere e diventi seme di giustizia e di fraternità”. Infine, afferma ancora il Papa, essi ritornano percorrendo un’altra strada:

È la creatività dello Spirito, che fa sempre cose nuove. È anche, in questo momento, uno dei compiti del Sinodo che noi stiamo facendo: camminare insieme in ascolto, perché lo Spirito ci suggerisca vie nuove, strade per portare il Vangelo al cuore di chi è indifferente, lontano, di chi ha perduto la speranza ma cerca quello che i magi trovarono, “una gioia grandissima”. Uscire "oltre", andare avanti...

Ma c’è un momento cruciale del loro viaggio, osserva Francesco, ed è quando, arrivando a destinazione, i magi “adorano il Bambino”. Il Papa sottolinea l’importanza dell’adorazione cioè dello stare alla presenza di Dio e dice: “Solo se recuperiamo il gusto dell’adorazione, si rinnova il desiderio”. Il desiderio di Dio “cresce solo stando davanti a Dio”, perché solo Gesù può trasformare il nostro cuore.

E nell'andare così, ogni giorno, lì avremo la certezza, come i magi, che anche nelle notti più oscure brilla una stella. È la stella del Signore, che viene a prendersi cura della nostra fragile umanità. Mettiamoci in cammino verso di Lui. Non diamo all’apatia e alla rassegnazione il potere di inchiodarci nella tristezza di una vita piatta. Prendiamo l'inquietudine dello Spirito, cuori inquieti. Il mondo attende dai credenti uno slancio rinnovato verso il Cielo.

Papa Francesco, infine, invita ciascuno di noi ad essere come i magi “aperti alle sorprese di Dio”. E conclude con tre consegne: “sogniamo, cerchiamo, adoriamo”. (Vatican News)


L'Angelus

Papa Francesco si è rivolto da Piazza San Pietro a tutti i fedeli del mondo che oggi con la Chiesa universale celebrano la Solennità dell'Epifania del Signore, la manifestazione di Gesù all'umanità.

Ma il mostrarsi di Dio è umile, piccolo e fragile come un neonato deposto in una mangiatoia. Quella meravigliosa cometa seguita dai Re Magi, si ferma infatti proprio in corrispondenza di un luogo povero. Eppure, spiega Francesco, quegli uomini giunti dall'Oriente non rimangono delusi, loro, così abituati ai riconoscimenti e alla ricchezza. "Avrebbero potuto protestare: “Tanta strada e tanti sacrifici per stare davanti a un bambino povero?” - dice il Papa - eppure non si scandalizzano, non rimangono delusi. Non si lamentano, ma si prostrano".

Ieri, come oggi, prosegue Francesco, "prostrarsi davanti a un’autorità che si presentava con i segni della potenza e della gloria" era una cosa "abituale", non certo riservato ad un bambino povero con la sua mamma. Ed è qui, che la vera ricchezza dei Magi si svela e sorprende:

Davanti al Bambino di Betlemme non è semplice. Non è facile adorare questo Dio, la cui divinità rimane nascosta e non appare trionfante. Vuol dire accogliere la grandezza di Dio, che si manifesta nella piccolezza. I magi si abbassano di fronte all’inaudita logica di Dio, accolgono il Signore non come lo immaginavano, ma così come è, il Signore è piccolo e povero. La loro prostrazione è il segno di chi mette da parte le proprie idee e fa spazio a Dio. ci vuole umiltà per fare questo".

Quanto i Re Magi compiono davanti al mistero dell'Incarnazione dimostra la loro capacità di "accogliere con umiltà Colui che si presenta nell’umiltà", riconoscendosi "bisognosi di salvezza":

Il Vangelo insiste su questo: non dice solo che i Magi adorarono, sottolinea che si prostrarono e adorarono. Cogliamo questa indicazione: l’adorazione va insieme alla prostrazione. Compiendo questo gesto, i Magi dimostrano di accogliere con umiltà Colui che si presenta nell’umiltà. Ed è così che si aprono all’adorazione di Dio. Gli scrigni che aprono sono immagine del loro cuore aperto: la loro vera ricchezza non consiste nella fama non consiste nel successo, ma nell’umiltà, nel loro ritenersi bisognosi di salvezza.Così l'esempio che ci danno i Magi oggi.

A conclusione della catechesi, l'invito di Papa Francesco è quello di non fare delle nostre pretese il centro della nostra esistenza, rischiando così, di adorare tutto ciò che non è Dio. E poi, il consiglio di "guardare la Stella" e non smettere mai di camminare:

Se al centro di tutto rimaniamo sempre noi con le nostre idee e presumiamo di vantare qualcosa davanti a Dio, non lo incontreremo mai fino in fondo, non arriveremo ad adorarlo (...)Se ci facciamo piccoli dentro riscopriremo lo stupore di adorare Gesù. Chi ha la smania di sorpassi non si accorge della presenza del Signore (...) e infine, domandiamoci, prego e adoro solo quando ho bisogno o lo faccio con costanza? (...) Guarda la Stella e cammina, questo il consiglio di oggi.

IL TESTO

Infine il Papa ha augurato Buon Natale ai fedeli delle Chiese orientali che lo celebrano domani 7 gennaio. "Oggi il pensiero va ai fratelli e alle sorelle delle Chiese orientali, sia cattoliche sia ortodosse, che celebrano domani il Natale del Signore. Ad essi rivolgo con affetto i migliori auguri di pace e di ogni bene".

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