martedì 2 febbraio 2021
Dalla Basilica di San Pietro, Santa Messa per i Consacrati, presieduta da Papa Francesco, in occasione della XXV Giornata Mondiale della Vita Consacrata
Il Papa celebra la Messa per i consacrati

Il Papa celebra la Messa per i consacrati - Ansa

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"Che cos'è la pazienza? Non è la semplice tolleranza delle difficoltà o una sopportazione fatalista delle avversità. La pazienza non è segno di debolezza: è la fortezza d'animo che ci rende capaci di 'portare il peso' dei problemi personali e comunitari, ci fa accogliere la diversità dell'altro, ci fa perseverare nel bene anche quando tutto sembra inutile, ci fa restare in cammino anche quando il tedio e l'accidia ci assalgono". Lo ha detto papa Francesco nella Messa in San Pietro per la Giornata mondiale della Vita consacrata. Ai rappresentanti degli Ordini religiosi presenti, maschili e femminili, nell'omelia il Pontefice ha indicato "tre 'luoghi' in cui la pazienza si concretizza".

"Il primo è la nostra vita personale", ha affermato, facendo riferimento alle "delusioni e frustrazioni" nella vita dei consacrati. "A volte - ha spiegato -, all'entusiasmo del nostro lavoro non corrisponde il risultato sperato, la nostra semina sembra non produrre i frutti adeguati, il fervore della preghiera si affievolisce e non siamo più immunizzati contro l'aridità spirituale".

Il Papa celebra la Messa per i consacrati

Il Papa celebra la Messa per i consacrati - Ansa

"Può capitare, nella nostra vita di consacrati - ha proseguito -, che la speranza si logori a causa delle aspettative deluse". Secondo il Papa, "dobbiamo avere pazienza con noi stessi e attendere fiduciosi i tempi e i modi di Dio: Egli è fedele alle sue promesse. Ricordare questo ci permette di ripensare i percorsi e rinvigorire i nostri sogni, senza cedere alla tristezza interiore e alla sfiducia. La tristezza interiore, per noi consacrati, è un 'verme' che ci mangia da dentro: uscite dalla tristezza interiore".

Secondo luogo in cui la pazienza si concretizza: "la vita comunitaria". "Le relazioni umane, specialmente quando si tratta di condividere un progetto di vita e un'attività apostolica, non sono sempre pacifiche - ha osservato -. A volte nascono dei conflitti e non si può esigere una soluzione immediata, né si deve giudicare frettolosamente la persona o la situazione: occorre saper prendere le giuste distanze, cercare di non perdere la pace, attendere il tempo migliore per chiarirsi nella carità e nella verità".

Per il Pontefice, "nelle nostre comunità occorre questa pazienza reciproca: sopportare, cioè portare sulle proprie spalle la vita del fratello o della sorella, anche le sue debolezze e i suoi difetti". "Ricordiamoci questo - ha aggiunto -: il Signore non ci chiama ad essere solisti, ce ne sono tanti nella Chiesa, lo sappiamo, ma ad essere parte di un coro, che a volte stona, ma sempre deve provare a cantare insieme".

Infine, terzo "luogo", "la pazienza nei confronti del mondo". "Abbiamo bisogno di questa pazienza, per non restare prigionieri della lamentela, alcuni sono maestri nelle lamentele, sono dottorati nelle lamentele, sono bravissimi nelle lamentele: 'il mondo non ci ascolta più', 'non abbiamo più vocazioni', 'viviamo tempi difficili'... - ha concluso -. A volte succede che alla pazienza con cui Dio lavora il terreno della storia e del nostro cuore, noi opponiamo l'impazienza di chi giudica tutto subito. E così perdiamo quella virtù, piccola ma la più bella, la speranza. Ho visto tanti consacrati e consacrate che perdono la speranza".

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