sabato 8 febbraio 2020
Francesco intervistato da don Pozza nella trasmissione "Io credo". Otto puntate sul testo del Simbolo apostolico. Sarà in onda dal 17 febbraio su Tv2000
Il Papa: chi non vuole sporcarsi le mani non è cristiano

«Quando vedo cristiani troppo puliti che hanno tutte le verità, ma sono incapaci di sporcarsi le mani, quando vedo questi cristiani dico loro: “Ma voi non siete cristiani, siete teisti con acqua benedetta cristiana, ma ancora non siete arrivati al cristianesimo”». A parlare è papa Francesco. Lo fa nella trasmissione Io credo, condotta da don Marco Pozza, cappellano del carcere di Padova, e che dal 17 febbraio andrà in onda per otto appuntamenti settimanali su Tv2000. Ma il Papa ricorda anche i molti cristiani che sono ancora perseguitati nel mondo. La storia del cristianesimo, però non è solo «storia di persecuzioni, di cercare di annientarlo», ma è una storia di «perseveranza». E se da una parte c’è chi vuole annientare il cristianesimo, Dio Padre non si scorda dei suoi figli, neppure di coloro che sembrano più lontani da lui, come si potrebbe pensare di Giuda.

Le parole del Papa commentano di fatto il Simbolo della fede che sarà al centro delle otto puntate, che accanto all’intervento di Francesco intervistato da don Pozza, avrà anche la testimonianza di una personalità del panorama culturale, artistico e sportivo italiano. Molti i temi che il Papa affronta nelle prime tre puntate del programma, che prendono spunto dalle parole «credo in Dio», «credo in Gesù Cristo», «credo nello Spirito Santo».

"Io credo in Dio"

Nella prima puntata parlando del «credo in Dio», Francesco sottolinea con forza che il cristianesimo nella storia è apparso in diverse occasioni come messo all’angolo. «La storia del cristianesimo, è una storia di persecuzioni, di cercare di annientarlo e di successi? No: di perseveranza. È vero che il cristianesimo non vive di successi. Quando io vedo tante cose “gloriose” che fa l’arte, queste sono ispirazioni che aiuta: lungo la storia, l’arte ha voluto esprimere la verità cristiana. Ma la verità cristiana è nella perseveranza dei cristiani, perseveranza contro la mondanità, nella mondanità». E questa perseveranza è legata, avverte ancora il Papa, a «quale figura di Dio mostriamo ai bambini. C’è il Dio di teatro, il Dio di circo, il Dio delle storie meravigliose, il Dio che assomiglia forse al lupo di Cappuccetto Rosso, che è crudele, ma quale Dio tu fai vedere a un bambino? Noi cominciamo il Credo dicendo “Io credo in Dio Padre”: ma tu fai vedere un Dio Padre al bambino, un Dio che ispiri il bambino a vivere così?». Ecco il valore della testimonianza della fede con la coerenza di vita, e con quello che il Papa torna a chiamare «trasmissione della fede in dialetto, cioè con quel linguaggio che è proprio della famiglia, che è proprio della gente che ti si avvicina con amore, un linguaggio differente da un linguaggio intellettuale. Per esempio, con il Denzinger. non si può trasmettere la fede - ma è bravo, il Denzinger, aiuta tanto; ma non si può trasmettere la fede». E avverte che dobbiamo fare evangelizzazione e non «proselitismo» dal quale, ricorda Francesco, aveva messo in guardia Benedetto XVI nel suo viaggio ad Aparecida. Coerenza di vita, dunque, come hanno dimostrato i santi, «i veri protagonisti del cristianesimo: uomini e donne che hanno capito cosa è credere in un Dio che è Padre e non in un dio-Mandrake, con la bacchetta magica». E restando sul tema «credo in Dio», Bergoglio sottolinea che in questa frase si intende «il credo in Dio che è Padre, onnipotente, creatore e redentore». Non manca anche un accenno a satana: «La presenza di satana è una realtà nella nostra vita cristiana, perché satana è una realtà. Alcuni dicono: “No, satana non esiste: noi abbiamo dentro un po’, per le nostre malattie materiali, spirituali, psichiche abbiamo questa tendenza anche al male”. È vero che noi siamo feriti, siamo persone ferite; ma satana esiste: è il seduttore. Le seduzioni vengono presentate ma in modo diverso da come Dio si presenta». E aggiunge: «E non dico “credo in satana”, perché io non mi affido a satana come questo bambino si affida alla mano del papà; credo in satana: credo che esiste. Ma non lo amo. Non dico “credo”: io so che esiste. Non lo amo e devo difendermi dalle sue seduzioni».

"Credo in Gesù Cristo"

Nella seconda puntata su «credo in Gesù Cristo», il Papa ricorda ai cristiani l’atteggiamento di Gesù verso chi è nel bisogno, persino verso chi è lontano da Lui. «Dio si umilia. Perché si è innamorato tanto della sua opera, del suo “uomo”, tanto, che non riesce ad allontanarsi da noi. Siamo peccatori, ci deve correggere, alle volte un po’ forte, ma tornerà sempre il perdono, la misericordia, sempre torna perché gli piace avere la mano così perché noi possiamo riposare in Lui. E la vicinanza di Dio incomincia con la creazione dell’uomo, il dialogo con l’uomo, perché non è una cosa magica, lo fa, lo lascia, no, dialoga», spiega Francesco. Addirittura «Gesù scende agli inferi. Questo è il gesto di Gesù: discende per sollevarci, per metterci in piedi. E discende Dio nella persona di Cristo, ma fino alle ultime conseguenze. Si umiliò fino ad annientare se stesso e avere forma di servo, di peccato. L’umiliazione totale, la discesa agli inferi. E Gesù ci insegna questa strada». Ma «quando vedo cristiani troppo puliti che hanno tutte le verità, tutto sanno, la ortodossia, la dottrina vera, “no, dobbiamo fare questo…” – commenta il Papa –, ma sono incapaci di sporcarsi le mani per aiutare qualcuno a sollevarsi, non sanno sporcarsi le mani; quando vedo questi cristiani io dico: “Ma voi, non siete cristiani; siete teisti con acqua benedetta cristiana, ma ancora non siete arrivati al cristianesimo”. Se Dio si è sporcato le mani così ed è disceso al nostro inferno, ai nostri inferni, è disceso … noi dobbiamo seguire le tracce di lui». Insomma «un uomo che crede in Dio, che ha delle idee chiare sulla redenzione, che crede in satana, sa che satana esiste, ma si ferma alla porta degli inferi, fa dei calcoli. E questa è la mondanità che fa queste cose».

"Credo nello Spirito Santo"

La terza puntata riguarda lo Spirito Santo di cui, sottolinea Bergoglio, «non conosciamo il volto, ma ne conosciamo i doni. È un dono. Sappiamo che chi fa l’unione del Padre con il Figlio. Ma un altro dono che a me piace tanto e che tocca la Chiesa proprio nel suo essere, è che la pluriformità della Chiesa è un dono dello Spirito, perché lo Spirito è l’autore della diversità nella Chiesa. Ma guarda che siamo diversi uno dall’altro… della diversità. Ma è anche l’autore dell’unità: da quella diversità che Lui crea, fa l’unità, l’armonia». Interessante anche la risposta legata all’atteggiamento di Dio verso tutti gli uomini. «Permettimi una risposta – dice il Papa a don Pozza –. Non so se è lecita, ma io ci credo. Questi sono gli scherzi di Dio. Sono gli scherzi. Tocca il cuore e ispira. Perché l’uomo è la sua opera e ama, ci ama; ama pure i più peccatori, i traditori. Pensa a quell’omelia del Giovedì Santo, don Primo Mazzolari su Giuda. Giuda sembrerebbe essere un ateo, anche un anti-Dio: ha tradito Dio. Ma l’artista ha capito questo, ma ha capito che quel Dio tradito ha dato la vita per Giuda. E a me tocca tanto il cuore quel capitello di Vézelay - sto parlando del 1200 - dove da una parte c’è Giuda impiccato e il diavolo che lo butta giù, e dall’altra parte c’è il Buon Pastore che lo prende e lo porta sulle spalle. E sulle labbra del Buon Pastore c’è un sorriso ironico, come se dicesse: “Anche oggi ho vinto”. Lo potrei dire in romanaccio, ma non è bene che lo dica un Papa… “Ho vinto”. Un mese fa ho trovato una pittura di un contemporaneo, di un pittore contemporaneo che, ispirato da Vézelay, ha fatto in modo moderno. È commovente, perché è un grande pittore e ha fatto vedere come Dio discende fino a questo».

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: