Gli aiuti all'Ucraina sono «militari»? Sì, ma l'aggettivo ha diviso il governo

Il titolo del decreto alla fine mantiene il riferimento alla fornitura di armi, come voluto da Meloni e Tajani. La Lega prima esulta per l'indiscrezione su un testo provvisorio, poi abbozza. Salvini manda avanti Borghi, che dice: a qualcuno è mancato stile. Al Consiglio dei ministri due assenti eccellenti: il vicepremier e Crosetto
December 29, 2025
Gli aiuti all'Ucraina sono «militari»? Sì, ma l'aggettivo ha diviso il governo
Matteo Salvini e Guido Crosetto durante un recente question time alla Camera
Pochi minuti per varare il decreto più divisivo per la maggioranza, lunghe ore per stendere il tradizionale comunicato finale di un Consiglio dei ministri con soli due punti all’ordine del giorno. Elementi che spiegano bene la giornata di imbarazzo e tensione vissuta dal Governo sul sostegno da dare all’Ucraina nel 2026. A rendere scivolosa una giornata che già si annunciava complicata, una bozza, diffusa dalle agenzie di stampa in mattinata, secondo cui il decreto-Ucraina non avrebbe avuto nella propria intestazione il riferimento agli aiuti «militari». La diffusione di quel testo sembra quasi una coppa alzata al cielo dalla Lega, da settimane in rotta con gli alleati per ridimensionare il sostegno bellico.
Un affronto forse troppo pesante per Palazzo Chigi, la Farnesina e la Difesa, le istituzioni più esposte nelle relazioni internazionali. E così, quasi come fosse una risposta alle “anticipazioni”, l’ufficio stampa del Governo diffonde l’ordine del giorno ufficiale del Consiglio dei ministri. E leggendolo il Carroccio passa dal trionfo alla mestizia. Vi si legge che il Cdm si apprestava a varare lo schema di decreto-legge intitolato, tanto per essere chiari, «disposizioni urgenti per la proroga dell’autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle autorità governative dell’Ucraina, per il rinnovo dei permessi di soggiorno in possesso di cittadini ucraini, nonché per la sicurezza dei giornalisti freelance».
L’aggettivo «militari» diventa dunque il caso del giorno. Ma, a riprova di una situazione quasi da gioco psicologico, in Cdm non accade un bel nulla, nessuna scintilla. Pochi minuti di riunione e il decreto è licenziato. Con due assenze di peso, però: quella di Guido Crosetto, ministro della Difesa e “padre” del provvedimento; e quella di Matteo Salvini, vicepremier e capo di quella Lega che ormai contesta apertamente la strategia del Governo sul conflitto in Ucraina.
I tempi del Cdm ridotti all’osso e le due assenze evitano incidenti. Resta l’imbarazzo. Salvini lo fa gestire a Claudio Borghi. A lui affida il compito di passare dall’entusiasmo anti-militarista alla presa d’atto della realtà. Borghi mostra di non averla presa bene: «Diciamo che a qualcuno a quanto pare difetta lo stile che, anche nelle trattative (e nella vita) non è una qualità trascurabile. Per quanto mi riguarda comunque possono anche chiamarlo Gino, basta che non cambi il testo».
C’era un accordo per “demilitarizzare” il titolo del decreto? Per dare un segno esterno così forte, a prescindere poi da quanto contenuto nel decreto stesso? È quanto fa capire Borghi, ma è anche ciò che interroga le opposizioni, che grossomodo qualificano la giornata del Governo con la medesima parola: «ipocrisia».
Il clima di fine anno consente tuttavia di rinviare eventuali rese dei conti in maggioranza all’anno nuovo. O meglio, a quando il decreto andrà in Parlamento per la conversione in legge. La Lega, infatti, alla fine fa prevalere la parte positiva: «C’è soddisfazione perché i suggerimenti della Lega sono stati recepiti e si è data priorità agli strumenti difensivi, logistici e sanitari per aiutare la popolazione civile ucraina, piuttosto che ad altro».
Ma il Carroccio dice “difensivi” anziché “civili”, il che far capire che il provvedimento non si discosta molto da quello degli altri anni, che prevedeva forniture belliche difensive, appunto, e una sostanziosa parte di aiuti civili ed energetici, confermati e probabilmente rafforzati. La Lega e Salvini lo sanno, e perciò per far capire quanto siano indispettiti buttano tra le righe un’altra provocazione: nell’auspicio, dice il Carroccio, che «i negoziati avviati da Trump portino finalmente alla pace», sarà «utile avviare interlocuzioni con tutte le parti coinvolte, comprese le istituzioni russe». Digerito l’aggettivo «militari» si mette dunque sul tavolo il dialogo con Mosca. Non proprio un regalo di Capodanno per Giorgia Meloni. D’altra parte, Salvini è anche attaccato a destra dal generale Vannacci che già invita i leghisti a «non votare» il decreto in Parlamento.
A riprova delle tensioni, mentre la Lega rivendica un «cambio di registro» sia Noi Moderati sia Forza Italia, con il vicepremier Antonio Tajani, rafforzano piuttosto il concetto della credibilità dell’Italia in sede internazionale, con la conferma degli impegni assunti. Le doppie, triple e quadruple letture di un decreto e del suo titolo confermano insomma i problemi. E complice una riunione del Cipess necessaria per rifinanziare alcuni interventi per l’800esimo anniversario della morte di San Francesco, il comunicato del Cdm arriva solo a ora di cena. Le parole usate confermato il fragile equilibrio politico e lessicale: saranno forniti «mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari» con «priorità» per quelli «logistici, sanitari, ad uso civile e di protezione dagli attacchi aerei, missilistici, con droni e cibernetici».

© RIPRODUZIONE RISERVATA