lunedì 12 marzo 2018
La visita di papa Francesco in Santa Maria in Trastevere, per i 50 anni di Sant'Egidio. L’invito a una "nuova audacia per il Vangelo" e alla costruzione di una società in cui nessuno sia più straniero
Il saluto di papa Francesco al giovane profugo siriano accolto dalla Comunità di Sant'Egidio

Il saluto di papa Francesco al giovane profugo siriano accolto dalla Comunità di Sant'Egidio

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Sotto la pioggia battente, Papa Francesco è arrivato domenica 11 marzo nella piazza di Santa Maria in Trastevere poco dopo le 16.30, e, prima di entrare nella basilica dove la comunità prega ogni sera, è stato salutato dal presidente della Comunità di Sant'Egidio, Marco Impagliazzo. Davanti a una rappresentanza dei 60mila che aderiscono alla comunità in tutto il mondo, a giovani e poveri amici della comunità, ai profughi arrivati con i corridoi umanitari organizzati da Sant’Egidio in collaborazione con la Conferenza episcopale italiana, agli anziani, ai bambini delle “scuole della Pace”, il presidente ha sottolineatp che è triste una Chiesa che ha i poveri come clienti e non come fratelli ed ha detto al Papa che “con Lei vogliamo sognare una Chiesa popolo di tutti, nessuno escluso, perché la Misericordia di Dio tocchi il cuore di tutti”.

Papa Francesco ha ringraziato i presenti della loro generosità: abbiate sempre, dice, il cuore aperto per tutti, senza distinguere “questo mi piace, questo non mi piace”. E augura a tutti il meglio “per le vostre famiglie e i vostri sogni”.

"Il mondo oggi è spesso abitato dalla paura, anche dalla rabbia, che è sorella della paura - ha proseguito nel suo discorso papa Francesco -. È una malattia antica: nella Bibbia ricorre spesso l'invito a non avere paura. Il nostro tempo conosce grandi paure di fronte alle vaste dimensioni della globalizzazione. E le paure si concentrano spesso su chi è straniero, diverso da noi, povero, come se fosse un nemico. Si fanno dei piani di sviluppo delle nazioni sotto la guida della lotta contro questa gente.

E allora ci si difende da queste persone, credendo di preservare quello che abbiamo o quello che siamo. L'atmosfera di paura può contagiare anche i cristiani che, come quel servo della parabola, nascondono il dono ricevuto: non lo investono nel futuro, non lo condividono con gli altri, ma lo conservano per sé", ha aggiunto papa Francesco, in occasione del 50° anniversario della Comunità di Sant'Egidio.

Proseguendo il discorso rivolto alla comunità fondata da Andrea Riccardi: "Da quando la vostra comunità è nata, il mondo è diventato globale: l'economia e le comunicazioni si sono, per così dire, unificate. Ma per tanta gente, specialmente poveri, si sono alzati nuovi muri. Le diversità sono occasione di ostilità e di conflitto; è ancora da costruire una globalizzazione della solidarietà e dello spirito. Il futuro del mondo globale è vivere insieme: questo ideale richiede l'impegno di costruire ponti, tenere aperto il dialogo, continuare a incontrarsi".

Per papa Francesco "il cristiano, per sua vocazione, è fratello di ogni uomo, specie se povero, e anche se nemico. Non dite mai: 'Io che c'entro?'. Uno sguardo misericordioso ci impegna all'audacia creativa dell'amore, ce n'è tanto bisogno!Siamo fratelli di tutti e, per questo, profeti di un mondo nuovo; e la Chiesa è segno di unità del genere umano, tra popoli, famiglie, culture".

Il video della visita di papa Francesco alla Comunità di Sant'Egidio

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