lunedì 14 settembre 2020
“Vicinanza” e “Solidarietà” ai profughi di Moria. Un appello ai governi affinché ascoltino le proteste e rispettino libertà e diritti umani
Papa Francesco: smettiamola di odiare. Sforziamoci di perdonare
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“Pensiamo alla fine, smettiamola di odiare”. È l’invito centrale dell’Angelus di domenica 13 settembre, in cui il Papa si è soffermato sul significato del perdono. “Oggi, al mattino, mentre celebravo la Messa – ha rivelato Francesco ai fedeli riuniti in piazza San Pietro, nel rispetto delle norme di distanziamento sociale – mi sono fermato, sono stato colpito da una frase della prima Lettura, nel libro del Siracide. La frase dice così: ‘Ricorda la fine e smetti di odiare’. Bella frase! Pensa alla fine! Pensa che tu sarai in una bara… e ti porterai l’odio lì? Pensa alla fine, smetti di odiare! Smetti il rancore. Pensiamo a questa frase, tanto toccante: Ricorda la fine e smetti di odiare’”.

“Non è facile perdonare – ha ammesso il Papa – perché nei momenti tranquilli uno dice: ‘Sì, questo me ne ha fatte di tutti i colori ma anch’io ne ho fatte tante. Meglio perdonare per essere perdonato’. Ma poi il rancore torna, come una mosca fastidiosa d’estate che torna e torna e torna… Perdonare non è soltanto una cosa di un momento, è una cosa continua contro questo rancore, questo odio che torna”.

“Non possiamo pretendere per noi il perdono di Dio, se non concediamo a nostra volta il perdono al nostro prossimo”, il monito di Francesco: “È una condizione: pensa alla fine, al perdono di Dio, e smettila di odiare; caccia via il rancore, quella mosca fastidiosa che torna e torna. Se non ci sforziamo di perdonare e di amare, nemmeno noi verremo perdonati e amati”.​

"Noi siamo chiamati a perdonare sempre" e a improntare uno stile di vita basato sulla misericordia, in tutte le relazioni umane, sia in famiglia, sia nella Chiesa, sia nella politica. Papa Francesco durante l'Angelus aveva esortato a non portarsi il rancore nella bara e a smettere di odiare. "Il rancore torna - ha detto il Pontefice -, come una mosca fastidiosa d'estate che torna e torna e torna... Perdonare non è soltanto una cosa di un momento, è una cosa continua contro questo rancore, questo odio che torna. Pensiamo alla fine, smettiamola di odiare".

Francesco commenta la parabola del re misericordioso che condona l'enorme debito del suo servo. Lo stesso servo però, si dimostra spietato con un suo compagno che gli deve una somma modesta.

"Troviamo due atteggiamenti differenti - ha spiegato -: quello di Dio, rappresentato dal re, che perdona tanto, perché Dio perdona sempre, e quello dell'uomo. Nell'atteggiamento divino la giustizia è pervasa dalla misericordia, mentre l'atteggiamento umano si limita alla giustizia". Ecco quindi che Gesù "ci esorta ad aprirci con coraggio alla forza del perdono, perché nella vita non tutto si risolve con la giustizia lo sappiamo".

L'appello ai governanti: ascoltiamo le proteste

Le difficoltà di tante persone nel mondo sono nel cuore del Papa che, dopo la preghiera dell’Angelus, rivolge il suo pensiero alle “numerose manifestazioni popolari di protesta che esprimono il crescente disagio della società civile di fronte a situazioni politiche e sociali di particolare criticità”.

"Mentre esorto i dimostranti a far presenti le loro istanze in forma pacifica, senza cedere alla tentazione dell’aggressività e della violenza, faccio appello a tutti coloro che hanno responsabilità pubbliche e di governo di ascoltare la voce dei loro concittadini e di venire incontro alle loro giuste aspirazioni assicurando il pieno rispetto dei diritti umani e delle libertà civili". Francesco si rivolge anche alle comunità ecclesiali che vivono in tali contesti perché i pastori si adoperino “in favore del dialogo e in favore della riconciliazione”.

Il Papa pensa anche a quanto sta accadendo nel campo profughi di Moria, sull’isola di Lesbo , devastato dagli incendi. Roghi che hanno lasciato “migliaia di persone senza un rifugio seppure precario”, ripensa alla sua visita compiuta nel 2016: "E’ sempre vivo in me il ricordo della visita compiuta là e dell’appello lanciato assieme al patriarca ecumenico Bartolomeo e all’arcivescovo Hieronymus di Atene ad assicurare un’accoglienza umana e dignitosa a donne e uomini migranti, ai profughi, a chi cerca asilo in Europa. Esprimo solidarietà e vicinanza a tutte le vittime di queste drammatiche vicende".

Le autorità greche hanno assicurato che entro 5 giorni sarà realizzato un nuovo campo ma la preoccupazione dei profughi rimane. Migliaia di famiglie stanno dormendo all'aperto da quando, nella notte fra martedì e mercoledì scorso, le fiamme hanno azzerato il campo dove vivevano 12 mila rifugiati, fortunatamente senza provocare vittime. Ieri il segretario generale dell'Onu Antonio Guterres ha chiesto ai Paesi dell'Unione europea di dare prova di "solidarietà" e di accogliere i rifugiati del campo, sulla scia di quanto alcune nazioni hanno promesso di fare.


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