sabato 30 dicembre 2017
Da dj Fabo a Charlie Gard, la nostra top ten dell'anno appena trascorso
Testimonianze e vita vera: i 10 articoli più letti del 2017 su avvenire.it
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Ecco i 10 articoli più letti su avvenire.it del 2017



1) «Dj Fabo, non andare a morire», 25 febbraio
2) Scritta pro aborto sulla chiesa, la reazione del parroco vola sui social, 31 maggio
3) Domande al via, 20 giorni per risposta. Ecco come funziona il reddito di inclusione, 27 novembre
4) Ultime ore di vita per Charlie. E un altro caso fa discutere, 1 luglio
5) «Mio figlio come Charlie, vivo malgrado tutto», 29 giugno
6) Papa Francesco su Medjugorje: Maria non fa la postina, 13 maggio
7) Al posto sbagliato ci sono i mafiosi. Le vittime erano al posto giusto, 12 agosto
8) Gli ignorati stupri. Il «branco» che agisce ogni notte, 7 settembre
9) Addio a Flavio, uno dei Ragazzi del Bambino Gesù, 5 agosto
10) Proteste per l’Ave Maria all’Università. E il vescovo si scusa (a modo suo), 17 ottobre


No, non è il prossimo matrimonio del principe Harry con l’americana Meghan Markle. E nemmeno la finale del Festival di Sanremo, o le cronache che più nere non si può – e nel 2017 ce ne sono state parecchie, comprese le violenze sessuali di Rimini e di Firenze. No, dalla nostra «casa» sul web, www.avvenire.it, a irrompere è la vita: storie di speranza, soprattutto, che gettano una luce diversa anche sulle notizie più dure. «Tortura abbastanza a lungo i dati ed essi confesseranno qualunque cosa»: una frase di cui non si conosce la paternità ma che si attaglia anche a internet. In realtà, per «misurare» un sito web non servono marchingegni particolarmente sofisticati: è sufficiente uno strumento online come Analytics di Google – semplice da usare, almeno nelle sue componenti base – per sapere tutto, ma proprio tutto, di ciò che «passa» attraverso un sito: visualizzazioni di pagina, tempi di lettura, età degli utenti, collocazione geografica, ingresso dai social o dalla home page oppure dai motori di ricerca... Così è stato facile stabilire che nella classifica dei dieci articoli di avvenire.it più letti nel 2017 (cioè che hanno ottenuto il maggior numero di visualizzazioni) spiccano più le «storie» originali che le cronache comuni a tutti gli altri siti di informazione, più le esperienze raccolte dai protagonisti-testimoni e le opinioni che i nudi fatti.

Accade così che l’articolo più letto dell’anno sul web riguarda la triste vicenda di Fabiano Antoniani, l’uomo tetraplegico e cieco portato a morire di eutanasia in Svizzera, ma vista da una angolatura speciale, quella del 19enne milanese Matteo Nassigh, inchiodato a una carrozzella per l’anossia sofferta alla nascita, che, sfiorando la tavoletta di legno che usa per comunicare, urla: «Dj Fabo, non andare a morire». «Se le persone vengono misurate per ciò che fanno, è ovvio che uno come me o dj Fabo vuole solo morire – racconta Matteo all’inviata Lucia Bellaspiga –. Ma se venissero capite per quello che sono, tutto cambierebbe. Ci vedete come mancanza di libertà, ma noi siamo libertà, se ci viene permesso di essere diversi». Se i navigatori del web si soffermano su storie così, non sarà anche perché desiderano andare oltre le cronache di morte e magari trovano conforto da un messaggio (in controtendenza) di speranza? Tra l’altro anche il tempo medio di lettura registrato da questo articolo è un piccolo miracolo del web: 5 minuti e 12 secondi, più del doppio di quanto mediamente ogni italiano trascorre ogni giorno sui siti di informazione (dato Audiweb).

Il secondo articolo più letto di avvenire.it nel 2017 riguarda una vicenda apparentemente «piccola» eppure preziosa: sul muro di una chiesa della periferia sud di Milano compare un murales che inneggia all’«aborto libero», con una postilla: «Anche per Maria». Il resto lo racconta Gigio Rancilio: il parroco, don Andrea Bellò, il 31 maggio risponde all’imbrattatore di muri con una bellissima lettera aperta, pubblicata sul profilo Facebook della parrocchia. Parole che colpiscono: «Tua madre è stata coraggiosa perché ti ha concepito e ti ha partorito. L’aborto è la morte che vince contro la vita. È scegliere chi ha diritto di vivere e chi no. Tu visto che sei anonimo di coraggio non ne hai. Vuoi dimostrare di essere coraggioso? Migliora il mondo invece di distruggerlo (con le scritte sul muro, ndr). Ama invece di odiare. E dai la vita invece di toglierla». Il post del parroco è stato condiviso centinaia di volte, e l’articolo di Rancilio ha «girato» nel web, anche attraverso i social network, per giorni e giorni, a dispetto di chi pensa che ai navigatori interessino solo le sciocchezze acchiappa-clic o i particolari più scabrosi della «nera».

Un’altra vicenda che ha tenuto desta l’attenzione degli italiani nel 2017 è stata quella di Charlie Gard, il bimbo inglese, affetto da una rarissima malattia genetica, protagonista di un drammatico braccio di ferro tra i genitori che volevano tentare cure sperimentali e l’ospedale Great Ormond di Londra, che fino all’ultimo ha negato il trasferimento del piccolo, morto il 28 luglio, poche ore dopo che i medici avevano staccato i macchinari che lo tenevano in vita. Sul nostro sito (e naturalmente sul giornale) tra giugno e luglio sono apparse decine di articoli sul dramma della famiglia Gard, dai commenti alle cronache, ma su tutti uno ha ottenuto la massima attenzione degli utenti digitali: «Mio figlio come Charlie, vivo malgrado tutto». Il figlio di cui si parla è Emanuele, 9 anni, affetto dalla stessa malattia del piccolo inglese ma che nonostante tutto vive. «Nessuno sa dirci ora quanto vivrà, nessuno si lancia più in previsioni sul futuro – commentava la madre il 29 giugno –, ma la sua vita è stata rispettata così com’era. E il suo presente è bellissimo». Oltre la linea dilagante del cinismo, che si esprime con tanta disinvoltura sui social, e di coloro che hanno la verità in tasca (e si tratta spesso di una scorciatoia di morte), le parole della mamma di Emanuele, Chiara Paolini, sono state lette, condivise, hanno vissuto per mesi sul web e continueranno a vivere, diffondendo speranza. «Queste malattie sono sconosciute, non sappiamo se si riprenderebbe ma non possiamo escluderlo, e ucciderlo non è certo la soluzione. I bambini non accusano nessuno quando sono malati, vogliono solo stare nelle braccia dei loro genitori, godono di essere accarezzati».

Nella nostra personale top ten di lettura digitale ci sono poi due editoriali che hanno lasciato il segno. Il primo, pubblicato sabato 12 agosto (in piene ferie estive, eppure in decine di migliaia hanno speso quasi 4 minuti per leggerlo... ), commentava l’assurda uccisione di due fratelli agricoltori, colpevoli di aver assistito, mentre lavoravano nei campi, all’omicidio di un boss della mafia del Gargano. In tanti avevano scritto: «Erano nel posto sbagliato al momento sbagliato», ma Antonio Maria Mira rimette al centro la verità: «Al posto sbagliato ci sono i mafiosi. le vittime erano al posto giusto», cioè a faticare chini sulla terra. Il secondo, altrettanto duro, è scritto da una suora impegnata contro la tratta di giovani donne: «Ignorati stupri» è un drammatico atto d’accusa contro il Circo Barnum dell’informazione, soprattutto televisiva, che per giorni e giorni ha scandagliato ogni dettaglio della violenza sessuale ai danni di una povera turista sulla spiaggia di Rimini, e però dimentica lo scempio che si compie ogni notte sui corpi di giovani donne, «comprate e vendute, schiavizzate e violentate da cinici sfruttatori e da migliaia e migliaia di 'clienti'. Chi pensa a loro? – si chiede Eugenia Bonetti –. Chi si preoccupa di denunciare le migliaia di stupri sistematici e organizzati che avvengono nelle nostre città, nell’indifferenza di chi vede e passa oltre?».

Infine, c’è un altro genere di articoli digitali «premiati» dagli utenti, e sono quelli di servizio, che si consultano per sapere esattamente i termini della questione o perché si è personalmente interessati. È il caso del terzo assoluto nella classifica del gradimento 2017: «Come funziona il Reddito di inclusione», in cui Francesco Riccardi, aggiornando l’articolo nell’arco dei mesi (da luglio a novembre) in cui si è sviluppato il provvedimento, spiega fin nei dettagli i requisiti richiesti e come fare la domanda per ottenere il nuovo contributo mensile destinato ai poveri assoluti. È il buon vecchio giornalismo di contenuti e di servizio, in barba ai profeti di sventura che celebrano i funerali dell’informazione «di qualità», quello che emerge dal web per quanto riguarda avvenire.it.

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