sabato 13 agosto 2022
La scrittrice Beatrice Masini ritrova sul Garda l’atmosfera che la appagava da bambina e che l’ha accompagnata nella crescita. E che ancora oggi «ogni volta tocca in me corde profonde»
Panorama sul lago di Garda da Bardolino (da wikipedia commons). La scrittrice Beatrice Masini

Panorama sul lago di Garda da Bardolino (da wikipedia commons). La scrittrice Beatrice Masini

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Milanese, di quelli che Milano la abitano a distanza, nella quiete e persino nel grigiore della periferia eppure la vivono intensamente nel centro, lavorandoci per un numero imprecisato di ore ogni giorno, ma senza mai anelare la fuga coatta del fine settimana, via dalla pazza folla. Milano è la città dove è nata e lavora, la metropoli a cui vuole bene e che neppure per un attimo rinnega quando racconta di quell’altra casa di campagna vista lago che occupa metà del suo cuore e della vita. «Il luogo in cui si va quando si può e quando se ne ha voglia, in una casa in cui c’è sempre qualcuno che ti aspetta». Il lago è il Garda e lei è Beatrice Masini, giornalista, scrittrice, traduttrice, editor Bompiani che sulle colline di Bardolino, sponda veronese, trova ogni volta che vi approda quella seconda dimensione tranquilla e persino solitaria che le è congeniale. L’altra vita parallela a quella concitata della città. Perché lei vacanziera o viaggiatrice non la è per niente. Può capitare per lavoro, è successo per motivi familiari, quando è stata una necessità con i figli. Ma di certo sulla sua agenda non ci sono mai le ferie programmate. Il mondo è a Bardolino.

«Lì – spiega – tutto è familiare. Il paesaggio, la natura, i colori, gli odori. Lì, da bambina e da ragazza ho passato con i miei, veronesi di origine, ogni estate e ogni tempo libero. Sono cresciuta con questo orizzonte, avendo negli occhi i colori che dominano con diverse sfumature ogni stagione dell’anno, gli azzurri del cielo che si specchiano nell’acqua e i verdi che si accendono d’estate nel mezzo dei vigneti e non si spengono mai neppure d’inverno grazie ai cipressi e gli olivi che mantengono le proprie chiome. Ogni volta mi sorprendo di come le nebbie riescano a ingannare lo sguardo, a trasformare il lago in mare, nascondendo l’altra sponda che invece nelle giornate terse primaverili ti pare di riuscire a toccare. Ed è bello osservarla da lontano dal fianco della collina con un senso di distacco e di lontananza straniante, come se il mondo fosse tutto dall’altra parte e tu come sospeso, impossibilitato a cogliere tutta la moltitudine della realtà».

In questa casa fuori mano, isolata rispetto al paese, racconta Beatrice, vanno e vengono con un po’ di circospezione volpi e tassi che si spingono fino ad attraversare il prato dove talvolta saltella lentamente persino una lepre, vincendo la paura e la presenza ingombrante di Tito il bassotto a pelo ruvido. E a tutti piace pensare che sia sempre la stessa a far visita agli abitanti della casa. «È un mondo silenzioso quello in cui abito ma dove all’aperto lo sguardo non sta mai fermo. C’è una miriade di uccelli in volo che continuamente cattura l’attenzione, il picchio, l’upupa sempre in coppia, e un’infinità di insetti che zampettano nell’erba o si fanno sentire nell’aria come le cicale e i grilli. È l’atmosfera che mi ha accompagnato e mi appagava da bambina che ritrovo ogni volta e ogni volta tocca corde profonde. Sono sempre stata una bambina curiosa e osservatrice, capace di ascoltare. Mi è sempre piaciuto scrivere e lì al lago potevo farlo raccontandomi delle storie attorno a una pianta, a un ciuffo di rose, a una cavalletta che lascia il suo guscio vuoto su un tronco. Tutto quello che era alla mia portata, sotto il mio sguardo, poteva diventare un racconto. Questo paesaggio mi appartiene perché come sempre quando trovi le parole per dire le cose, hai trovato un modo per farle e sentirle tue. Penso ci sia soprattutto questo ritrovare pezzi della mia infanzia e della mia storia nel trasporto che sento per questi luoghi». Uno slancio sentimentale che non è in contrasto con il sentirsi a casa che vale anche per Milano. E che vede convivere la donna di città con quella che cerca la campagna: sentirsi una e anche due.

«Sono bisogni diversi a farmi muovere. Non il calendario, tipo andare perché si deve farlo. Ma un andare e tornare in un posto che mi è caro e che è parte integrante della mia vita. Al lago c’è una famiglia allargata, mia mamma ha casa a Garda, a una manciata di chilometri da me. Al lago tornano i miei figli, Tommaso ed Emma, anche se ormai sono grandi, ma sento che lo fanno volentieri e non certo per farmi piacere. Ed è bello osservarli dopo periodi di lontananza e di ritmi altri riprendere vecchie abitudini familiari consolidate dal tempo in una casa che nessuno considera di vacanza in senso stretto quanto un posto in cui ci si riprende, ci si riassesta su una linea diversa da quella della vita quotidiana. Non siamo festaioli, anzi, siamo tipi piuttosto solitari che stanno bene in uno spazio tutto per sé, potrei dire dentro una bolla di solitudine in un raggio di vicinanza. Anche se, ovviamente facciamo volentieri tante cose insieme. Però questa casa è piuttosto un luogo di convivenza di confortevoli solitudini. Per noi è una risorsa e una virtù, è quello che ti puoi permettere con gli affetti più saldi. Non dover sempre dire o fare qualcosa».

Qualcosa in realtà si fa, e non è poco. Quando va al lago Beatrice Masini viaggia leggera, anzi leggerissima. In auto niente baule stipato di valigie e viveri; a casa c’è tutto quello che occorre. In compenso ci sono sempre i libri, tanti libri, gli immancabili compagni di vita e di viaggi che insieme al computer non l’abbandonano mai, come una cassetta dei ferri del mestiere pronta all’uso. «Quello è il posto giusto per leggere, scrivere, studiare. Dipende dai momenti e dagli impegni che ho. Ma se non devo lavorare e ho tutto il tempo a disposizione allora potrei dire che non faccio niente. Ma non è vero, perché come in tutte le case, specialmente in quelle di campagna, c’è sempre qualcosa da spostare, da riordinare o aggiustare. Così che potresti non fermarti un attimo per tutto il giorno». E l’esterno soprattutto richiede laboriosità. «Non c’è un giardino formale – racconta - tutto è piuttosto spontaneo eppure ci sono tentativi di botanica su cespugli e rampicanti, trapianti e potature che mi piace fare e che a volte funzionano altre no. Facendo s’impara che anche la pazienza è parte del gioco. Il risultato certo del mio maneggiare la terra si legge intanto sulle mani. Graffiate e screpolate, con le unghie spezzate dopo pochi giorni al lago». Il prezzo lieve del privilegio di una casa che Beatrice sente come una grande fortuna, la possibilità di vivere giornate fatte di piccole cose di grande senso. Cose semplici, momenti preziosi che alleggeriscono il cuore.

«La mattina, specialmente. Andare in giro scalza, prendere il caffè guardando il lago immersa nei miei pensieri, assaporare la tranquillità della casa dove altri ancora dormono, guardare un rampicante e progettare un taglio. E poi tentare piccole ricognizioni nei dintorni alla ricerca di un buon vino, di quelli che producono i vigneti di Bardolino. Scendere al mercato dove trovi verdure davvero a chilometro zero da trasformare in un piatto che tutti possono apprezzare». Tito che abbaia. Tutto normale, è un giorno di ordinaria tranquillità.

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