Per l'Intelligenza artificiale serve una giustizia smart

I video realizzati con la tecnologia digitale sono sempre più realistici o, per meglio dire, apparentemente reali; vengono diffusi per accalappiare l’attenzione. Funzionano? Eccome. Comportando degli effetti collaterali? Certo
December 27, 2025
Per l'Intelligenza artificiale serve una giustizia smart
/Foto Icp
Una turista accarezza la tigre in un parco safari e quella che fa? La azzanna e se la porta via. Un’altra tiene un’aringa in mano, come se fossero noccioline per la scimmietta: lo squalo salta sulla barca e se la mangia (la turista). Fin qui, tutto regolare. Le tigri fanno le tigri e in fondo al mare non si usa il galateo. La faccenda si complica quando lo skater prova l’ultimo trick sul parapetto di un grattacielo e, poiché non si nasce imparati, precipita… ma ecco che l’immagine si trasforma e svela la realtà: il grattacielo esiste solo per l’Intelligenza artificiale e il ragazzo cade da un misero scalino. Conseguenze? Si alza e ride. Non sappiamo, però, cosa vi sia di ilare nel vedere, sullo schermo del nostro smartphone, un uomo di 200 chili che si lancia con il bungee jumping e la povera corda prima geme e poi si spezza; oppure, un paracadutista perdere il paracadute e, alla fine del volo, sollevare la classica nuvoletta di Willy il Coyote.
I video realizzati con l’Intelligenza artificiale sono sempre più realistici o, per meglio dire, apparentemente reali; vengono diffusi per accalappiare l’attenzione di una generazione di spettatori mitridatizzati alle emozioni e bisognosi di stimoli sempre più forti, che diano l’illusione di vivere una vita elettrizzante. È un’industria dai costi molto alti, che da qualche parte devono rientrare. Noi non ce ne accorgiamo perché paghiamo solo un abbonamento telefonico; ma ogni volta che acquistiamo sulla rete una vacanza o un caricatore per lo smartphone paghiamo una parte di quella pubblicità che, non potendo fregiare il prodotto di alcuna qualità reale, sostiene le vendite con questi sistemi. Funzionano? Eccome. Comportando degli effetti collaterali? Certo. Il primo è che già viviamo dentro Matrix, immersi in uno spettacolo costruito per trasformarci in “produttori” di scelte di acquisto indicizzate, senza operare alcuna libertà. Il secondo è che un pubblico sempre più pulsionale può essere indotto a confondere i piani ed emulare nella vita reale le storie cui assiste sul digitale. Ma è anche etico? Questo non interessa più a nessuno. La relativizzazione morale è stata superata dalla cancellazione della personalità: allo spettatore digitale non è richiesto riflettere soggettivamente sul significato di ciò che vede ma lasciarsi penetrare dalle emozioni.
Questa spersonalizzazione del rapporto di comunicazione si regge sulla impossibilità di validare le fonti: infatti i social network che sono pignolissimi sulle nostre identità ci consentono di linkare laqualunque. Col risultato che, in un sistema digitale che funziona per algoritmi, chi ci intriga con le fake news può diventare la nostra fonte di informazione ufficiale semplicemente perché le altre non ci vengono più mostrate. L’approdo finale è una società di consumatori analfabetizzati e privi di senso critico, convinti di vivere in una realtà che è molto noiosa perché non si può giocare con le tigri e lanciarsi senza paracadute. Correggere la rotta si può. Non va vietata la creatività. Andrebbe strutturato un percorso di giustizia penale e civile smart come il nostro cellulare. Massima libertà ma… hai scritto qualcosa di falso e qualcuno si sente leso? Ti processo e ti sanziono. Hai diffuso un contenuto che induce qualcuno a suicidarsi? Ti processo e ti sanziono. Hai diffuso contenuti falsi per indurre un acquisto e qualcuno si sente leso? Ti processo e ti sanziono. Rapidamente. Dispendioso e inutile? Alla prima sentenza pecuniaria o penale ci accorgeremmo di vivere nella realtà e impareremmo a lasciar stare le tigri, che ci divorano dentro di noi.

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