giovedì 2 giugno 2011
COMMENTA E CONDIVIDI
Caro direttore,ho seguito e sto seguendo con attenzione l’evolversi della situazione politica e cerco, in qualità di parroco, di aiutare anche la mia gente a leggere gli avvenimenti sapendo cogliere nel Vangelo e nella dottrina sociale della Chiesa le bussole con le quali orientarsi. Certamente questo è il tempo delle analisi, delle riflessioni e confidiamo del cambiamento, come lei stesso ha auspicato nell’editoriale del 31 maggio.Vorrei comunque dire due cose, sulle quali avrei piacere di avere una sua parola. La prima, è il fatto che il rinnovamento avviatosi nel 1994 non si è ancora realizzato. I motivi sono molti, ma uno di questi credo sia anche dovuto al fatto che dal 1994, in entrambi gli schieramenti, abbiamo ancora gli stessi protagonisti politici e il voto di queste amministrative ha dato una "sberla" al centrodestra ma in parte anche al centro sinistra, dato che a "vincere" sono stati i movimenti dell’anti-politica. Ma vorrei, in secondo luogo, evidenziare che tutto questo irrompe nel vivere di una Comunità cristiana. Purtroppo, da quanto ascolto alla tv o alla radio, da quanto leggo sui giornali o da quanto percepisco tra la mia gente, mi accorgo quanto non pochi cittadini cattolici, al momento del voto, non guardano al programma elettorale, ma si omologano con la massa pur di votare "contro" questo o quel candidato. Dimenticando che un candidato passa, ma un programma resta segnando il percorso di una società civile. Nel bene o nel male. La sfida è dunque anche per la Chiesa. La scelta del Papa di istituire un nuovo Pontificio consiglio per la nuova evangelizzazione e la scelta dei vescovi nel dedicare un decennio all’educazione, confidiamo aiuti nell’imparare anche noi a tornare a quella Verità che solo rende liberi.Grazie per l’impegno dell’informazione e di formazione che Avvenire assicura ai suoi lettori!

don Andrea Vena, parroco

Caro direttore,mi complimento per la pagina di Agorà di oggi (1 giugno) dal titolo "E i comunisti presero la provetta". Da quando ho avuto uno scambio culturale con Augusto Del Noce, ho accolto come veritiera la sua analisi sul "comunismo gramsciano", che si sarebbe manifestato come l’estremo sviluppo della cultura materialista borghese. Infatti gli intellettuali ed i politici già comunisti del Pci si son attestati sulle posizioni di estrema assoluta "autodeterminazione" in ogni campo. Soprattutto in bioetica. Cito solo Stefano Rodotà, che dà una interpretazione della nostra vigente Costituzione in chiave di assoluto individualismo, mentre è notorio che la chiave giusta (per cui viene normalmente lodata) è quella "personalista": «La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale» (art. 2). Costato con dispiacere che il programma del nuovo sindaco di Milano ( e di Napoli...) è sintonizzato chiaramente, soprattutto in bioetica, su quello di Rodotà. Temo che abbia ripreso vigore la Milano "radical-chic" del ’68, incubata dalla stampa comunista del tempo, come ben illustrata dalla pagina di Avvenire. Anche io temo che i "Centri di Aiuto alla Vita" (ho fondato nel 1978 quello di Como), sostenuti a Milano dalla Giunta Moratti, non abbiano d’ora in poi quell’appoggio che realizzerebbe la parte positiva della legge 194/78, bensì la applicazione "a senso unico" delle sue norme, come fa pensare il programma del neo-sindaco.

Attilio Sangiani, Como

Già, i volti (più o meno sorridenti) e le parole da campagna elettorale passano e volano via, mentre i programmi restano. A volte, non solo sulla carta (e magari, paradossalmente, in certi casi sarebbe meglio se fosse così...). Ha ragione, insomma, don Andrea Vena a preoccuparsi e a interrogarsi. E più che leciti e comprensibili sono anche le perplessità e gli allarmi del dottor Sangiani. Aspettiamo perciò, come sempre, i neosindaci e le loro maggioranze alla prova. E lo facciamo, da cittadini e da cronisti, senza pregiudizi ma a occhi bene aperti, con le questioni chiave ben chiare, quanto a valori di riferimento, e ben individuate nel concreto. È, poi, naturale – per l’importanza "capitale" delle due città – che Milano e Napoli siano in cima alle attenzioni. Il "programma Milano" di Giuliano Pisapia ha un lato oscuro in tema di politiche familiari e della cura per la vita nascente che abbiamo debitamente sottolineato, cogliendo – in replica – sia affermazioni ambivalenti sia precisazioni interessanti. Il "progetto Napoli" di Luigi De Magistris è stato condito, e anche questo è noto ai lettori di Avvenire, dopo il primo turno da prese di posizione decisamente allarmanti sugli stessi temi eticamente (e socialmente) sensibili. Misureremo, dunque, con attenzione l’azione di questi "re di maggio" del 2011, sapendo che sono "sovrani" destinati a restare per un po’ nei palazzi appena conquistati. E verificheremo, cari amici, se si tratterà di un lavoro "per" le città o "sulle" città, se cioè emergerà quell’idea di fresca e responsabile novità che ha indubbiamente ottenuto consenso tra i cittadini o si manifesterà una rischiosa propensione a sperimentare e imporre – come teme Sangiani – qualche vecchio e coriaceo modello materialista-borghese (e libertin-libertario). Proviamo a essere ottimisti? Proviamo, cristianamente proviamo. Con giudizio. Un cordiale saluto a entrambi.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI