mercoledì 12 gennaio 2022
Nelle 32 mutazioni del virus la chiave per capire da dove arriva, come si è evoluta, perché è comunque pericolosa, cosa fare per arginarne gli effetti sulla salute
Inafferrabile variante Omicron. Chi è il nemico che ci assedia

Ansa

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Di fronte al montare della paura, nei giorni scorsi l’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) ha dovuto precisare che «Omicron non è il comune raffreddore» anche se c’è «un rischio ridotto di ospedalizzazione rispetto a Delta». Qualche settimana fa Layla McCay (Nhs, il Sistema sanitario inglese) confermava che «la proporzione di persone infette che finora hanno avuto bisogno di cure ospedaliere è stata più bassa che con le varianti precedenti, e quelli ammessi in ospedale hanno avuto bisogno di cure meno intensive», ma aggiungeva anche che «se Omicron ha un impatto più grave sulla popolazione più anziana, se colpisce particolarmente le aree dove ci sono livelli di vaccinazione più bassi, se più personale si assenta e se la stagione dell’influenza prende il via, il Nhs si troverà in una situazione difficile». Il vero motivo per cui Omicron preoccupa è la sua rapidità nel contagiare le persone, che ne ha già fatto la variante più presente in molti Paesi, e la capacità di diffondersi anche laddove vi sono alti tassi di vaccinazione. In questo articolo lo descriviamo utilizzando solo ricerche ufficiali pubblicate o in corso di pubblicazione su riviste scientifiche di livello internazionale, di cui forniamo, oltre al primo autore che le firma, le sigle con cui sono conosciute e l’anno di edizione tra parentesi.

Origini

Omicron è stata rilevata in Sudafrica il 9 novembre 2021. Come riferisce l’iraniano Shayan Rahmani ( JMV 2021), «Omicron potrebbe essersi evoluta in una grande popolazione immunocompromessa con un tasso di vaccinazione inferiore», quale può essere quella dei pazienti affetti da Hiv, oppure in altre specie animali. I cinesi sostengono (Changshuo Wei, JGG 2021) che «la sequenza della proteina spike di Omicron è stata sottoposta a una selezione più forte di quella di qualsiasi variante riportata e nota per evolversi in modo persistente negli ospiti umani, suggerendo una possibilità di host-jumping »: insomma, un salto di specie. «I nostri risultati suggeriscono – scrivono – che il progenitore di Omicron è saltato dall’uomo al topo, ha accumulato rapidamente mutazioni favorevoli a infettare quell’ospite, poi è saltato di nuovo nell’uomo, indicando una traiettoria evolutiva interspecie per l’epidemia di Omicron».

Contagiosità

Omicron è annoverata dall’Oms tra le Varianti di preoccupazione (Voc): sono quelle che presentano maggiore trasmissibilità, immuno-esclusione dagli anticorpi neutralizzanti o dall’immunità delle cellule T e patogenicità. Omicron è la quinta Voc dopo Alpha, Beta, Gamma e Delta. Nel suo caso ad aumentare è la trasmissibilità, frutto di un alto numero di mutazioni nella proteina spike: 32, più di qualsiasi altra. Come ha spiegato un recente studio italiano (Stefano Pascarella, JMV 2021), la molecola virale presenta un potenziale elettrostatico positivo insolitamente alto, il che ha rilevanza per la trasmissione: infatti, l’incontro tra la positività della sezione proteica chiamata RDB e il recettore ACE2 della cellula umana permette al virus di infettarci. Rahmani ne aggiunge un pezzo: «Omicron potrebbe essersi evoluto in una variante più trasmissibile e più immune», il che spiegherebbe come mai, a fronte della vaccinazione di massa, riesca comunque a diffondersi.

Vaccini

I vaccini sono il tema più caldo del dibattito. «Una sezione del picco conosciuta come il dominio N-terminale ha anche alcuni aminoacidi mancanti. Quest’area del picco è un bersaglio per gli anticorpi neutralizzanti, le proteine immunologiche che impediscono al virus di entrare nelle cellule. Notevoli cambiamenti nell’area bersaglio di queste proteine potrebbero permettere al virus di eludere la risposta immunitaria suscitata dall’infezione naturale o dalla vaccinazione»: così uno studio recentissimo, firmato da Shayan Rahmani ( JMV 2021), spiega il pericolo che corriamo. Cioè Omicron contiene alcune mutazioni che potrebbero provocare «evasione immunitaria o fuga degli anticorpi» ma per i ricercatori esiste ancora un «grande grado di ambiguità ». Se parliamo della patogenicità, una ricerca sudafricana condotta da Shirley Collie ammette che l’efficacia del vaccino Pfizer nel prevenire l’ospedalizzazione a seguito del contagio da Omicron scende dal 93 al 70%, ma tale inefficacia può essere mitigata da una dose di richiamo. Insomma, la scienza non ha una risposta definitiva sul tema, ma ciò non significa che i vaccini non siano utili: i canadesi hanno appurato che l’incidenza dell’infezione tra coloro che hanno ricevuto due dosi di vaccino «è aumentata notevolmente da quando Omicron è stato identificato nell’Ontario» e concludono che «è improbabile che due dosi di vaccini Covid-19 proteggano. Una terza dose fornisce una certa protezione nell’immediato, ma sostanzialmente meno che contro Delta» (Shirley Collie, NEJM 2021). Per contro, una ricerca statunitense ancora non pubblicata sostiene che «i vaccini mRna della Sars-CoV-2 conferiscono una robusta protezione contro il Covid-19», che «l’emergere di varianti ha generato preoccupazioni riguardo all’efficacia protettiva dei vaccini attualmente approvati, i quali perdono potenza neutralizzante contro alcune varianti», ma afferma di aver individuato «una resilienza nella risposta immunitaria umorale indotta dal vaccino mRna che può continuare a proteggere dalle varianti». Sui famosi effetti avversi ricorriamo ad Harald Brussow (MB, 2021): «Gli effetti della vaccinazione hanno dimostrato che il rischio dell’immunizzazione è ampiamente superato dal beneficio della protezione dalla malattia. È inquietante vedere che minoranze considerevoli, a volte un terzo della popolazione, sono preoccupate per poche decine (se mai) di decessi associati alla vaccinazione, quando il bilancio delle vittime della Covid-19 è ora in tutto il mondo di 5 milioni di morti».

Africa

Omicron solleva il tema della vaccinazione nei Paesi poveri e delle misure di protezionismo sanitario da parte dei Paesi ricchi, preoccupati di 'importare' le nuove varianti. Francine Ntoumi (Fondazione congolese per la ricerca medica, IJID, 2022) denuncia «il pericolo che tutta l’Africa sia messa insieme nello stesso cesto con un divieto di tutti i collegamenti di viaggio. Queste decisioni politiche 'impulsive' hanno generato un diffuso sgomento e rabbia». Giova ricordare che i divieti di viaggiare vanno contro le raccomandazioni dell’Oms, la quale raccomanda invece che i Paesi continuino ad applicare un approccio scientifico e misure di base di controllo delle infezioni, che però negli ultimi mesi sono state allentate in tutto il mondo. Sono sempre le stesse: indossare mascherine aderenti, igienizzare le mani, osservare una distanza fisica, migliorare la ventilazione degli spazi interni, evitare spazi affollati se non si è vaccinati, eccetera. E accelerare i programmi di vaccinazione. L’African Vaccine Acquisition Task Team dell’Unione Africana e il consorzio Covax guidato dall’Oms avevano sperato di assicurare milioni di dosi di vaccini Covid-19 per raggiungere una copertura del 60% in Africa entro giugno 2022: obiettivo mancato. Mentre in Europa una media del 60% della popolazione è vaccinata, in Africa solo il 5-10% (24% in Sud Africa) ha ricevuto la prima dose. Abbiamo già visto tutto questo all’epoca dell’Hiv.

Mascherine

Brussow e Zuber si sono chiesti infine se si possa venire a capo della pandemia con le famose mascherine. «Diversi vaccini Covid-19 – è stata la loro risposta – sono di notevole efficacia e raggiungono alti tassi di protezione contro la malattia sintomatica, specialmente quella grave, ma i modelli matematici suggeriscono che l’attuale copertura vaccinale in molti Paesi è insufficiente». Le misure di contrasto non farmaceutiche, quindi, «sono necessarie come mezzi complementari. L’analisi complessiva ha mostrato una riduzione significativa dell’incidenza della Covid-19 con l’uso della mascherina ». Un’analisi delle varianti che circolano in Italia ( JMV 2021) ha portato a stabilire che dobbiamo temere una sotto-variante Delta (AY.4) che dimostra una maggiore contagiosità, a dimostrazione del fatto che l’evoluzione del coronavirus non procede in direzione completamente lineare e che la contagiosità è aiutata dalla mobilità umana e dall’allentamento delle misure di contrasto.

Università Campus Biomedico-Roma

Giornalista di Avvenire

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